Lost Files of Sherlock Holmes, The: The Case of Serrated Scalpel
L’Ispettore Lestrade di Scotland Yard chiede a Sherlock Holmes di assisterlo nelle indagini sull’omicidio di una giovane attrice, Sarah Carroway. Le ferite sul cadavere indicano il modus operandi tipico di Jack lo Squartatore, ma le deduzioni del detective inglese lo conducono in un’altra direzione. Con la collaborazione del fedelissimo medico John Watson, è tempo di indossare il berretto, impugnare la lente di ingrandimento e infilarsi in un affare più intricato di quanto sembri.
Se l’avventura grafica è, storicamente, investigazione, e se l’investigazione per eccellenza è Sherlock Holmes, allora può sembrare immediata l’idea di realizzare un adventure con protagonista il personaggio che ha reso famoso lo scrittore Arthur Conan Doyle. In effetti, in passato qualche tentativo era stato già effettuato con “Sherlock” (1984), avventura semi-testuale per Commodore 64, e la più recente serie in FMV “Consulting Detective” (1991), ma fu solo nel 1992, in pieno risorgimento per il genere, che la Electronic Arts commissionò alla Mythos Software lo sviluppo di una serie di adventure classici punta&clicca incentrati sulla carismatica figura di Holmes.
Basato su una storia inedita scritta da Eric Lindstrom (molti anni dopo avrebbe sceneggiato due episodi della serie “Tomb Raider”) e un game design di R.J. Berg, i “Lost Files of Sherlock Holmes” partono quindi con “The Case of Serrated Scalpel”.
Il primo impatto con la grafica è molto positivo. Gli sprite, sebbene sprovvisti di tratti somatici, sono realizzati con cura e dotati di molti dettagli che li rendono diversi fra loro già a una prima occhiata. Si aggiunge poi una folta serie di animazioni, fra cui molte ‘speciali’, sempre adeguatamente contestualizzate negli ambienti.
Meno riuscito il sonoro: se gli effetti sonori appaiono appropriati, sul fronte musicale si segnalano invece motivetti ben suonati ma poco inseriti nelle varie situazioni (ogni location ha generalmente un suo brano eccessivamente ‘allegro’). Per di più, un volume troppo elevato (che non è possibile regolare) li rende addirittura molesti, specie se si opta per la versione Adlib (con quella Roland la qualità migliora sensibilmente ma i difetti permangono).
L’atmosfera riesce invece a trasmettere perfettamente i toni dell’indagine. Innanzitutto, la caratterizzazione del protagonista – e del suo immancabile assistente – appare praticamente perfetta, piena zeppa di quegli atteggiamenti e modi di dire che costituiscono l’iconografia popolare di Sherlock Holmes. La forza del duo rende infatti piacevoli i numerosissimi dialoghi previsti dalla trama che, insieme a un prevedibilmente frequente (ma accettabile) ricorso al pixel hunting, costituiscono il cuore dell’avventura. L’interazione con l’inventario è, al contrario, coerentemente poco richiesta.
Tale game design conduce inevitabilmente a un basso livello di sfida e a un gameplay semplice improntato soprattutto sugli immancabili interrogatori a sospetti e testimoni e sull’osservazione dei tanti ambienti.
Il tutto funziona piuttosto bene, e la sensazione di avere a che fare con una vera investigazione in un contesto vittoriano è resa ottimamente.
Piccoli difetti come un puntatore un po’ impreciso non intaccano la fruibilità di un’avventura che per lunga parte scorre via deliziosamente senza particolari punti morti, e che concede quasi da subito la possibilità di esplorare una vasta area di gioco risolvendo enigmi nell’ordine preferito.
Giunti a circa ¾ del gioco, però, l’identificazione prematura del killer, la ridotta varietà del gameplay e la carenza di particolari accelerazioni nel ritmo dell’indagine minano progressivamente l’interesse nei confronti della lunga e intricata vicenda, che appare troppo appesantita in diversi punti. Alla lunga, la formula basata quasi esclusivamente sui dialoghi e sull’interazione con gli sfondi mostra la corda, e il risultato è un andamento troppo compassato e sostanzialmente privo di quei twist che avrebbero riacceso l’attenzione durante le battute finali.
“The Case of Serrated Scalpel” rappresenta un buon inizio per una serie che, sfortunatamente, avrebbe avuto vita breve. Il lavoro commissionato dalla EA è caratterizzato da un profondo rispetto nei confronti del materiale originale e da una realizzazione solida. Qualche stiracchiamento di troppo nell’ultima parte di gioco gli impedisce forse di raggiungere il rango di classico, ma si tratta comunque di una delle migliori avventure dei primi anni ‘90.
La citazione:
John: L’unica cosa a me chiara è che questa sfortunata donna è vittima di qualcosa di demoniaco più che umano.
Sherlock: Non ne sia così certo, amico mio. Il misterioso e il mostruoso raramente coincidono.
Nota: Attualmente, l’avventura non è perfettamente emulata dalle versioni più recenti di DOSBox: la versione 0.73 risulta l’unica capace di non far crashare il programma.
Il gioco non ha mai beneficiato di una traduzione nella nostra lingua. Per fortuna, però, un adattamento in italiano è disponibile su OldgamesItalia. Il lavoro è complessivamente buono, sebbene i compromessi del reverse engineering abbiano provocato almeno un bug importante (nella scena del teatro è possibile incappare in un crash) e diversi glitch. La patch non traduce il video introduttivo e un paio di altre cutscene.
Aprile 26, 2014 sabato at 8:10 pm