Simon the Sorcerer 3D
L’elemento più caratterizzante di “Simon the Sorcerer 3D” risiede senza dubbio nella sua storia produttiva: avrebbe dovuto essere edita come un’avventura con grafica in due dimensioni, ma a cose praticamente pronte si decise di adattare il tutto a un motore 3D che rispettasse le nuove esigenze del mercato. Il risultato? Un disastro. I programmatori (con a capo ancora la coppia Woodroffe senior e junior), palesemente a disagio con la modifica e con i tempi strettissimi, realizzano infine un gioco afflitto da bug, imprecisioni e, per giunta, molto brutto da vedere.
La trama. Avevamo lasciato il nostro eroe nei guai: al termine della seconda avventura, il super-cattivo Sordid si era impossessato del corpo di Simon con l’intenzione di – tuoni e fulmini – conquistare il mondo. Dopo alcune diaboliche macchinazioni, Sordid, nel corpo del maghetto, decide di trasferire la sua anima in un corpo robotico per mettere in atto la parte finale del suo piano grazie all’aiuto del suo fido assistente, Runt. Accade però che il corpo senza anima di Simon viene recuperato da un’eroina, la conturbante Melissa Leg, e portato dallo stregone Calypso per farlo tornare in vita: il vecchio mago attira-guai ha infatti bisogno di Simon per recuperare Paludoso, un’antica conoscenza che si rivelerà decisivo nella nuova battaglia contro il perfido Sordid.
La prima delle sei parti di cui è composta l’avventura può – erroneamente – ricordare le imprese di Lara Croft. In realtà dopo poco ci si accorge che la sezione non è che un tutorial per riuscire a padroneggiare quanto possibile gli scomodi controlli, in parte derivanti dagli action adventure ma qui usati quasi esclusivamente per enigmi di tipo prettamente ‘adventure’.
Dopo aver superato lo scoglio del primo capitolo, infatti, il gioco si mostra per ciò che è: un’avventura grafica a tutti gli effetti. Si viene quindi condotti in un mondo fantasy che ricorda le atmosfere del primo “Simon the Sorcerer” (gnomi, nani e trolls in un contesto medievale con immense lande) e si cominciano a vedere i primi pregi: un Simon in gran forma – e indicibilmente ‘scorretto’ – si muove all’interno di un (fin troppo grande) ambiente di gioco risolvendo enigmi di stampo classico a suon di battute, cinismo e autoironia.
Bisogna però giungere al terzo capitolo (una cittadina che ricorda le atmosfere di “Simon the Sorcerer II”) per avere la conferma che, a scapito dei suoi grandi difetti tecnici, “Simon 3D” è il gioco più brillante della serie, fra enigmi spassosi, dialoghi assolutamente esilaranti e situazioni anacronistiche.
A confermare l’idea di ‘gioco non per tutti’, va anche aggiunto che l’avventura non va davvero per il sottile e il livello di difficoltà risulta infatti ancora più elevato di quello – già alto – del precedente episodio: spesso gli enigmi sono anche fin troppo astrusi e consultare un walkthrough sarà inevitabile non appena si comincerà a perdere la pazienza a forza di girovagare a vuoto all’interno dei giganteschi ambienti. Sono anche presenti dei puzzle alternativi, vagamente arcade, nei quali sono richiesti tempismo e precisione (si può anche ‘morire’, ma Simon ricomparirà subito prima del passo falso).
In un gioco dalla natura classica, dispiace vedere un’interfaccia così scomoda e pesante, e perfino un’operazione semplice come la combinazione di oggetti diventa impresa ardua. Ma ciò che è peggio è certamente il sistema di spostamento: che senso ha spargere gli ambienti utili in modo così distante l’uno dall’altro? Raggiungere una qualsiasi locazione (specie considerando le transizioni non certo snelle) richiede spesso un tempo esagerato, nonostante i ‘checkpoint’ (troppo lenti) che si trovano qui e là sulla mappa.
Senza troppi fronzoli, si può dire che sul lato tecnico il gioco sia davvero da buttare: un 3D che appellare come ‘spoglio’ sarebbe un eufemismo, modelli composti da pochissimi poligoni, animazioni limitate, sfondi semi deserti e colori essenziali. Impossibile inoltre saltare i dialoghi o le sequenze d’intermezzo, quindi a ogni errore si è costretti a ‘godersi’ nuovamente la stessa frase (o scenetta, talvolta) di interazione nulla. Altro punto dolente è il sistema del punto di vista: negli esterni la visuale è da dietro le spalle, ma negli interni invece si finisce per perdere continuamente il personaggio a causa delle telecamere fisse piazzate in posti del tutto inadeguati, il che provoca difficoltà a orientarsi o a comprendere dove è situata l’uscita di una room.
La colonna sonora, per contro, nonostante la sua scarnezza è sicuramente più gradevole delle musiche composte per i primi due episodi; il parlato (in inglese con sottotitoli in italiano) è ottimo e vede il ritorno di Brian Bowles come voce di Simon.
Nonostante le – gravi – lacune, però, si viene presto ‘presi’ dalla storia e da una sceneggiatura che cresce continuamente e ricicla con intelligenza locazioni e, soprattutto, personaggi.
Insomma, se si riesce a chiudere un occhio (e a volte entrambi) sui tanti problemi, si finisce per venire conquistati da “Simon the Sorcerer 3D” e si soffre realmente nel constatare quale monumento degli adventure umoristici avrebbe potuto essere senza i guai della produzione (a cui si aggiunse anche il fallimento della Hasbro, publisher originale).
Tecnicamente frustrante ma lungo, divertente e migliore dei precedenti, “Simon the Sorcerer 3D” è un’occasione mancata, un possibile capolavoro rovinato da una realizzazione approssimativa. Per molti versi, il miglior episodio della serie.
La citazione:
(Simon si infila in una cassa di imballaggio per introdursi furtivamente nel castello di Sordid)
Simon: (rivolto al giocatore) Dovresti ammirarli per aver riutilizzato così spudoratamente un enigma di Simon 1. E se lo volete proprio sapere, all’epoca l’avevano preso da Monkey Island 2.
Agosto 28, 2012 martedì at 4:28 am