Martian Memorandum
Sei anni dopo il caso di “Mean Streets”, il detective Tex Murphy è di nuovo al verde. È quindi costretto ad accettare di essere assunto da Marshall Alexander, un ricco magnate che si occupa di ‘terraformare’ la superficie del pianeta Marte: il caso riguarda la misteriosa sparizione della figlia, Alexis, i cui rapporti col padre erano a dir poco difficoltosi. Ben presto Tex comprenderà che la vicenda è legata alla cosiddetta ‘Oracle Stone’, una mistica pietra ritrovata su Marte da alcuni mutanti che, si dice, possieda delle facoltà sovrannaturali.
A due anni dal primo episodio della serie la Access Software ritorna a raccontare le avventure di Tex Murphy con “Martian Memorandum” (1991), evolvendo la bizzarra e sperimentale formula originale in una struttura più canonicamente ‘adventure’. Al timone Brent Erickson (già al lavoro su “Mean Streets”, come programmatore, game designer e autore), che ricopre praticamente tutti i ruoli di rilievo, e il game designer e sceneggiatore Chris Jones, l’anima e il corpo del protagonista.
Abolito quasi completamente l’uso della tastiera (relegato opzionalmente al movimento del protagonista), il gioco sfoggia un controllo punta&clicca decisamente più agevole e funzionale. In basso è anche presente, questa volta in maniera fissa, l’interfaccia in stile SCUMM con la quale è possibile interagire con l’ambiente e – novità – utilizzare gli oggetti dell’inventario con lo sfondo.
Nonostante i graditi miglioramenti, però, i controlli restano comunque un po’ pesanti da gestire anche a causa di qualche click di troppo, dell’assenza di descrizioni agli hotspot e della risposta lenta ai comandi. Piuttosto fastidioso, per esempio, è l’obbligo di cliccare su un verbo apposito per uscire da una location, laddove sarebbe stato più sensato muoversi verso la direzione desiderata.
Il cuore del gameplay non subisce grosse modifiche: le indagini di Tex sono infatti costituite da interrogatori con i tanti personaggi presenti (non è più necessario scrivere l’argomento di cui parlare: adesso si seleziona da una lista automaticamente aggiornata) e dall’esplorazione di alcuni ambienti (spesso ‘punti caldi’ dell’investigazione). Ogni indizio utile ‘sblocca’ una nuova domanda o locazione, ma per fortuna è stato completamente eliminato il simulatore di volo che costituiva l’unico modo per accedere alle varie zone di “Mean Streets”: questa volta per viaggiare basta un semplice click. Accantonate anche le sequenze action, sebbene siano presenti altrettanti momenti arcade di certo non esaltanti.
Un’importante introduzione è infine rappresentata dai dialoghi a scelta: sebbene non sia più possibile corrompere o minacciare l’interlocutore, la personalità e lo sfacciatissimo umorismo del buon Tex risultano piacevolmente irrobustiti grazie a una serie di scambi con i vari comprimari che spesso sfociano in una spassosa e distintiva demenzialità.
Purtroppo il design prevede una serie di game over non semplici da prevedere e soprattutto una sfilza di vicoli ciechi non evidenziati in nessun modo che possono imbottigliare all’infinito il giocatore, il quale viene tenuto del tutto all’oscuro dell’impossibilità di rimediare a un misterioso passo falso commesso in precedenza: salvare la partita su slot diversi si rivela quindi fondamentale.
Per quanto riguarda la grafica, i due anni in più hanno permesso una certa evoluzione tecnica: i brevi filmati in FMV che accompagnano le conversazioni sono più dettagliati e frequenti, il parlato è presente in maniera più massiccia e perfino gli sprite dei personaggi sono ricalcati da riprese dal vivo. La colonna sonora è, invece, più che trascurabile.
Il tono dell’avventura non perde le connotazioni ‘campy’ del predecessore e, anzi, le esalta in più occasioni grazie a una serie di situazioni che appaiono molto serie ma anche irrimediabilmente sopra le righe. Su tutto spicca l’emblema del mood adottato dagli autori, ovvero il protagonista Tex, detective che vuole sembrare ‘noir’ ma finisce per essere inevitabilmente tamarro: il maggior spazio che gli è stato concesso si traduce agevolmente in un personaggio più forte che in precedenza.
Infine, dal punto di vista della sceneggiatura si è ancora di fronte a un buon intreccio volontariamente intricato che costringe, come avveniva nell’avventura precedente, ad appuntare su un bloc notes i nomi dei personaggi e le loro caratteristiche. Il connubio fra noir, cyberpunk e humor costituisce un cocktail particolare ma piacevole, e la storia rimane interessante e discretamente avvincente per tutta la sua durata, anche se in definitiva funziona meno bene rispetto a quella osservata in “Mean Streets” (probabilmente a causa di un racconto più lineare e dell’entrata in scena di due personaggi chiave solo negli ultimi minuti di gioco).
“Martian Memorandum” è la naturale e intelligente evoluzione dello sperimentale “Mean Streets”. I comandi e il gameplay, comunque decisamente migliorati, restano il principale deterrente per godersi al meglio il particolarissimo universo narrativo creato da Chris Jones e soci.
La citazione:
Rhonda: Ciao Tex. Ti piace il mio vestito?
Tex: Certo, bambolina, mi piace. Ho visto di meglio, ma fa risaltare i tuoi lati positivi!
Rhonda: Grazie. Cosa pensi del ristorante?
Tex: Non è esattamente il mio stile. Sono un tipo da tavola calda e birra.
Rhonda: Forse sarebbe ora di cambiare il tuo stile.
Tex: Il mio stile potrebbe essere più interessante di quanto credi.
Rhonda: Potrebbe. Immagino che lo scopriremo.
Tex: Perché non dovresti? Conosco il mondo, sorella. So quando una donna è attratta dal lato più duro di un uomo.
Rhonda: Ma ci sono dei momenti in cui mi sento davvero una CATTIVA ragazza. Ciò mi rende una ragazza facile, Tex?
Tex: Non facile. Solo di grandissimo valore.
Rhonda: Non comincia a fare troppo caldo qui? Mi sento coooosì accaldata!
Tex: Ha cominciato a far caldo nel momento in cui ti ho vista seduta a questo tavolo.
Rhonda: Ooooh Tex, dopo cena vieni nella mia camera per un dessert.
Tex: Adoro terminare un buon pasto con qualcosa di dolce.
Rhonda: Baciami Tex…
Gennaio 12, 2014 domenica at 5:21 pm