Lego Indiana Jones: Le Avventure Originali
Il professor Henry ‘Indiana’ Jones Junior è un docente di archeologia del Marshall College, Connecticut (Stati Uniti). È apprezzato dagli studenti (a causa del suo fascino, soprattutto dalla studentesse), e ha pochi fidati amici, fra cui il direttore del National Museum e decano del College, Marcus Brody, e uno scavatore egiziano, Sallah.
Questo, almeno, è ciò che accade ‘part-time’. In realtà, per gran parte del tempo, Indiana Jones mette da parte gli occhiali da vista e la giacca di tweed per indossare cappello di feltro e frusta da battaglia, e andare in giro per il mondo a rinvenire manufatti antichi appartenenti a civiltà perdute.
“Lego Indiana Jones: Le Avventure Originali” (“The Original Adventures” in originale) ripercorre le avventure che hanno reso famoso Indiana Jones attraverso una rivisitazione in chiave Lego delle pellicole degli anni ’80 dirette da Steven Spielberg, che hanno costruito attorno al personaggio ideato da George Lucas una sorta di emblema dell’Avventura (intesa nel senso più profondo del termine).
Edito un paio di settimane dopo l’uscita al cinema del quarto capitolo della serie (il tanto bramato “Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo”, al cinema nel maggio 2008) e con al timone i soliti Traveller’s Tales capitanati da Jon Burton (già autori delle precedenti trasposizioni lucasiane “Lego Star Wars” e “Lego Star Wars II: La Trilogia Classica”), “Lego Indiana Jones” ripercorre la trilogia originale delle avventure di Indy, ovvero “I Predatori dell’Arca Perduta”, “Indiana Jones e il Tempio Maledetto” e “Indiana Jones e L’ultima Crociata”.
Il ‘cocktail Lego’ è rimasto pressocchè invariato. La parodia dei modelli ispiratori è ancora il motore dell’operazione: grazie alla fisionomia dei Lego e alla buona grafica sfoggiata, le numerose cutscene divertono facilmente (vuoi per la bontà della gag in sé, vuoi per la simpatia del character design) e fungono da perfetto collante fra una sezione di gioco e l’altra, ripercorrendo più o meno fedelmente la storia dei film.
Il gioco in sé è, invece, una sorta di action/platform con reminiscenze da picchiaduro a scorrimento. Lo scopo è quello di accedere alla locazione successiva facendosi letteralmente largo fra trappole, nemici, enigmi e scogli vari, e collezionando nel frattempo un numero folle di ‘gettoni’ Lego, utili ad acquistare bonus o personaggi extra. È bene anche dire che il sistema, pensato anche per i più piccini, non punisce mai il giocatore (così come accadeva nei giochi precedenti) e si limita a una perdita parziale dei gettoni quando sopraggiunge la morte (si hanno a disposizione vite infinite). Uccidere i nemici, quasi sempre dotati di respawn, non è quindi l’occupazione principale (escludendo, naturalmente, i ‘boss’ finali), ma diventa uno dei tanti impedimenti per accedere all’area successiva.
Per “Lego Indiana Jones”, inoltre, si è scelto di calcare – giustamente – la mano su piccoli enigmi generalmente di natura meccanica, risolvibili con l’ausilio di un minimo di ingegno. Si avrà a che fare quindi con parecchie situazioni tipicamente ‘Jonesiane’ in cui sarà necessario comportarsi da vero avventuriero tirando leve, attivando macchine, sventando trappole e via dicendo. Il tutto risulta tanto agevole quanto divertente, quasi mai frustrante e sempre in linea con lo stile lucasiano. Rari i vari intermezzi, come i duelli sul camion, la spettacolare corsa sui carrelli della miniera e una lunga sezione di guida (un po’ ostica a causa del pessimo controllo via tastiera e dell’impossibilità di fare retromarcia).
Ogni personaggio è dotato di una propria caratteristica: quindi, se Indy può contare sull’uso della mitica frusta, il padre Henry Jones gira con un libro di traduzioni, il buon Sallah con una pala, e Jock con la chiave inglese d’ordinanza. Ogni particolarità è utile in alcuni enigmi, molti dei quali risolvibili solo con il personaggio giusto: spesso, comunque, si porteranno alla luce alcuni oggetti che permetteranno anche a un personaggio qualsiasi di possedere temporaneamente le ‘facoltà’ speciali (esempi: indossare il berretto da ufficiale consentirà l’accesso ad aree riservate; raccogliendo la pala sarà possibile scavare per trovare tesori, oggetti o bonus; leggere il libro di fronte a una parete di geroglifici aprirà la porta a un passaggio nascosto).
Terminata con successo la modalità ‘Storia’, comunque, il gioco sarà completato solo al 60% e, in effetti, in giro per i livelli si trovano parecchie zone inaccessibili per i personaggi che vengono inizialmente forniti (il più delle volte, due per sezione). Con la modalità ‘Gioco Libero’, però, è possibile rigiocare gli stessi livelli affrontando con i personaggi ‘giusti’ anche gli enigmi secondari (ben più elaborati di quelli standard), che non solo provocano un aumento della percentuale di completamento, ma consentono anche l’accesso a una caterva di bonus (come gli ‘hint’ sul posizionamento dei vari tesori, o l’invulnerabilità) e di modi più o meno leciti per guadagnare più gettoni (si ottiene una razione extra qualora si scovino tutti gli artefatti nascosti del livello o se si conquista il rango di ‘avventuriero’ setacciando ogni anfratto).
I vari bonus si ramificano in varie direzioni, fino a giungere a quello più succulento: la raccolta di tutti gli artefatti (davvero tanti!) permetterà infatti di giocare ben tre livelli extra, fra cui quello del ‘Giovane Indy’ presente all’inizio de “L’Ultima Crociata”.
Standing ovation per la colonna sonora, che non solo riprende le memorabili partiture di John Williams, ma ricicla anche i brani realizzati per il serial “Le Avventure del Giovane Indiana Jones” e, addirittura, il vecchio, eccezionale score di Clint Bajakian per “Indiana Jones e La Tomba dell’Imperatore”. Con un mix simile, ci si trova di fronte a una delle colonne sonore migliori mai ascoltate in un videogioco.
Ottimi anche i suoni, anch’essi perlopiù parte dell’archivio di effetti della Lucasfilm.
Si può dire che “Lego Indiana Jones” diverta con semplicità. Manovrare il buffo protagonista (distruggendo tutto ciò che capita a tiro) mentre si attraversano i vari livelli è già di per sé uno spasso, sebbene il vero divertimento risieda nella risoluzione degli enigmi e, naturalmente, nelle strambe cutscene.
Affrontare tutti gli enigmi secondari, inoltre, non costituisce affatto un ‘di più’ forzato, ma è parte integrante del gioco, che invoglia a spulciare l’avventura in ogni sua parte per poter scovare ogni piccolo segreto o easter egg (davvero carini quelli starwarsiani). I ‘bonus’ rendono più semplice e meno monotono ripetere per una seconda volta lo stesso livello (che è comunque possibile abbandonare quando si vuole).
Nonostante sia possibile giocare da soli, il divertimento si triplica se si gioca con un amico con cui coordinare le azioni e fare incetta di ‘extra’.
Il titolo, confezionato in modo comodo e senza grandi sforzi dalla LucasArts (che riveste ancora una volta il ruolo di publisher) presenta però qualche piccola macchia.
Innanzitutto, la formula Lego, nonostante sia stata snellita e adattata alle nuove atmosfere, comincia a mostrare un po’ la corda. Costruire di tutto con i mattoncini, abbattere i nemici e svolgere i vari enigmi è sempre motivo di sollazzo, ma a questo terzo giro la struttura palesa una certa ripetitività, almeno per chi ha provato i giochi precedenti. Il piacere provocato dal brandire una spada laser e fare a pezzi (letteralmente) i nemici, inoltre, generava un godimento più elevato rispetto alle ordinarie (ma ben animate) ‘scazzottate’ alla Indiana Jones.
Il confronto con Star Wars viene perso anche dal punto di vista prettamente ludico: l’ambientazione fantascientifica permetteva infatti di concedersi ‘licenze poetiche’ in grado di donare una sfida più varia al gameplay, altrimenti confinato in recinti più canonici. In particolare, pesa un po’ l’assenza di momenti che spezzino il ritmo in modo adeguato: a parte la sezione sui carrelli della miniera, infatti, il gioco si crogiola nella struttura standard che, per quanto variegata, obbliga a compiere sempre le stesse azioni in modo troppo meccanico.
Un altro dettaglio che può infastidire è che è stato del tutto eliminato qualsiasi riferimento al nazismo, sia nelle scenografie che nel design dei soldati con cui Indy dovrà confrontarsi. La scelta è ‘politically correct’ ma un po’ discutibile e, soprattutto, non coerente con la serie cinematografica.
Qualche riserva anche sull’intelligenza artificiale del nostro compagno: nel caso in cui si decide di giocare in modalità ‘single’, l’I.A. si dimostrerà piuttosto reattiva durante i numerosi enigmi ‘in tandem’, ma mostrerà tutti i suoi limiti in tutte le altri fasi di gioco e specialmente nei combattimenti (non farà altro che stordire temporaneamente i nemici, lasciando al giocatore l’onere dell’uccisione).
Infine, per quanto non si tratti di un vero difetto, la parodia è caratterizzata da un numero più esiguo di frecce al proprio arco rispetto a quella di “Lego Star Wars”. Probabilmente, ciò è da imputare alla necessità di burlarsi di una saga tutt’altro che seriosa e, di conseguenza, più ardua da mettere in ridicolo. I vari “Star Wars”, per quanto fossero pellicole di intrattenimento, possedevano un respiro più epico che conduceva a una caricatura più immediata e semplice; con l’ironico Indy, invece, gli autori sono spesso costretti a trincerarsi dietro la mera riproposizione delle scenette più divertenti dei film, e nel resto dei casi ad affidarsi a gag più libere. È però giusto precisare che le cutscene restano comunque spassose, soprattutto grazie alla grafica giocattolosa, alle buffe espressioni dei personaggi (memorabile il sorriso obliquo di Indy) e a un tono sempre rispettoso dei lungometraggi ispiratori, che non prende in giro né dissacra ma si limita a ‘reinterpretare’ in forma Lego. Semplicemente, sembra che il livello (alto) si sia un po’ abbassato.
L’incarnazione Lego dell’’Archeologo dell’Avventura’ è quindi un buon titolo che garantisce una generosa dose di divertimento – specialmente in coppia. Rispetto a “Lego Star Wars”, è inevitabile rimpiangere in parte le ambientazioni più riuscite e la carica umoristica maggiormente incisiva rispetto al più convenzionale “Lego Indiana Jones”. Ciò non toglie che i Traveller’s Tales abbiano comunque ben sfruttato la preziosa licenza, dimostrando ancora una volta che ‘ciò che piace ai bambini, piace a tutti’.
Agosto 22, 2013 giovedì at 6:47 am