Innocent Until Caught
Il simpatico ladro Jack T. Ladd, durante un viaggio di routine con la sua nave spaziale rubata, viene beccato dal temutissimo fisco che gli impone di pagare tutti i suoi debiti: la condanna consiste in una lunghissima serie di torture, la morte e la vendita di organi (non necessariamente in quest’ordine). Atterrato sulla luna di Tayte, Jack dovrà rapidamente trovare un lavoro (poco importa se legale o meno) per saldare il seccante debito. Sulla sua strada, però, troverà approfittatori senza scrupoli, dittatori fanatici, sgraditi nuovi amici e perfino l’amore.
“Innocent Until Caught” è un’avventura sviluppata dalla Divide by Zero (con a capo Andy Blazdell) ed uscita sotto etichetta della gloriosa Psygnosis nel 1993.
L’ambientazione è futuristica e pesantemente sci-fi, mentre il tono è irriverente/demenziale – un mix molto raro nel mondo dei videogiochi, ma in questo caso si può dire che sia grosso modo riuscito: a situazioni crude e talvolta anche violente (sulla sporca e malfamata Tayte regna la criminalità) si contrappone un’impostazione molto sopra le righe, con dialoghi sempre umoristici e numerose scenette comiche.
Il target di pubblico a cui si rivolge l’avventura è, comunque, piuttosto adulto: frequenti appaiono infatti le allusioni e i riferimenti sessuali, che restano comunque nei limiti del buon gusto ma indirizzano lo humor verso uno stile più ‘da caserma’ che può essere fruito appieno dai più maturi. Il protagonista, Jack, racchiude un po’ tutte queste caratteristiche: è un uomo che non guarda in faccia a nessuno, egoista e pronto a giocare sporco per arrivare al suo scopo, che sia l’amore, il denaro o la semplice sopravvivenza. È un tipo anche alquanto furbo e navigato, anche se, purtroppo per lui, molto sfortunato.
“Innocent Until Caught” presenta una trama frivola e non particolarmente intrigante. La sceneggiatura avvalora le prime impressioni, prendendo una piega un po’ bizzarra solo dalla seconda metà dell’avventura, che innescherà in noi il dubbio che sia stata improvvisata.
Eppure… ci si diverte. I dialoghi fulminanti e la gustosissima simpatia dei personaggi bastano da soli a reggere il gioco, e ci si dimentica presto della debolezza della trama di fronte a righe che strappano inevitabilmente qualche risata (anche ad alta voce). Grande sarà la curiosità di spulciare a fondo ogni dialogo ed esplorare anche la più sfacciata delle provocazioni per godersi le buffe reazioni dei nostri interlocutori. Le varie gag, potenziate dal buon utilizzo delle animazioni, completano il quadro: a conti fatti, insomma, il divertimento non manca davvero.
Parte del merito va alla comparsa di Narm, militare stupidotto influenzato dai film d’azione più stereotipati, destinato a divenire la ‘spalla’ dell’eroe. La classica coppia drittone / ottuso funziona a meraviglia (da spanciarsi quando dovranno comporre la poesia d’amore per Ruth) e dispiace davvero constatare che l’elemento sia del tutto assente durante la prima parte del gioco.
Graficamente il livello è buono. I fondali, che rendono bene l’idea di un mondo fantascientifico, e le animazioni, poco fluide ma numerosissime (con tanto di rare espressioni facciali), risultano gradevoli e, soprattutto, funzionali alla narrazione e all’umorismo; molto ben fatte le cutscene ‘spaziali’.
Davvero orecchiabile il principale tema musicale, che spicca di fronte a una serie di musichette midi appena carine ma davvero ripetitive. Gli effetti sonori, infine, sono insufficienti sia come qualità che come quantità (si contano sulle dita di una mano). L’adattamento italiano dei testi, invece, è un po’ troppo ‘libero’, non particolarmente curato nel lessico né molto fedele all’originale (anche se rende abbastanza bene l’idea).
Pesante l’interfaccia, che fa uso di icone e di un inventario con un numero di slot limitato (davvero fastidioso e incomprensibile, considerando la mole di oggetti che ci si trova a trasportare): l’aspetto peggiore, però, è che risulta molto imprecisa sia nel segnalare gli hot spots che nel cambiare ‘verbo’. Nel dettaglio, il tasto destro sarà utilizzato per scorrere le icone ciclicamente (operazione molto lenta); in alternativa, si potrà selezionare l’icona giusta nel pannello in basso, ma non sempre il programma riceverà il comando, costringendo a cliccare più volte. Molto sgradevole, infine, l’assenza di una descrizione degli oggetti segnalati sullo sfondo, attivabile in modo molto macchinoso cliccando sull’icona ‘occhio’ e passando il cursore su essi (così come accadeva col verbo ‘cos’è’ nei vecchi “Maniac Mansion” e “Zak McKracken and the Alien Mindbenders”).
Gli enigmi rappresentano un po’ la summa dei pregi e dei difetti di “Innocent Until Caught”. Basati quasi interamente su manipolazione di oggetti e dialoghi, i puzzle della prima parte del gioco compongono un mosaico abbastanza complesso e apprezzabile. Purtroppo, i programmatori ‘barano’ più volte, utilizzando in varie occasioni l’espediente del pixel hunting e costringendo il giocatore a un labirinto noioso e senza senso proprio a metà dell’avventura. Dopo ciò, e in seguito a un preciso cambio di rotta della storia, la curva di difficoltà si abbassa notevolmente, con locazioni in numero minore e, soprattutto, pochissimi oggetti trasportabili. Il gioco continua ad accelerare di ritmo a ogni sezione e la sfida si fa sempre meno ardua fino ad arrivare alla semplice sequenza finale.
Il risultato globale presenta quindi un game design poco indovinato, che focalizza le vere difficoltà solo all’inizio, quando il giocatore deve ancora ambientarsi, per poi abbassare sostanzialmente il livello in seguito: sarebbe stato più sensato il contrario.
“Innocent Until Caught” è considerato un titolo un po’ sottovalutato nel genere delle avventure grafiche. Mi sento in parte d’accordo con questa affermazione, poiché l’intrattenimento puro è decisamente presente e, pur nella sua leggerezza, il gioco è assolutamente godibile. Purtroppo, una curva di difficoltà mal calibrata, numerose frustrazioni qua e là e un aspetto tecnico poco curato gli hanno impedito di diventare il classico che forse avrebbe potuto essere.
La citazione:
Brigadiere: Posso aiutarla, signore?
Jack: Non mi prenderai mai vivo, sbirro!
Brigadiere: Perché dice questo?
Jack: Sono un inguaribile bugiardo.
Brigadiere: Oh no! Un altro che vuole arruolarsi! Sparisca!
Nota: A quanto pare mi piacciono le sfide: “Innocent Until Caught” era una vera rogna fin dai tempi del DOS. Sui nuovi sistemi, naturalmente, i problemi per avviarlo correttamente si decuplicano. DOSBox e D-Fend sono riusciti a compiere il miracolo, ma i settaggi sono un po’ lunghetti. Innanzitutto, avrete ‘necessariamente’ bisogno dei vecchi driver DOS della Sound Blaster Pro 2 (in realtà vanno bene anche quelli precedenti, ma bisognerà adattare la configurazione), persi in qualche anfratto del sito della Creative Labs. Il file che ci occorre è chiamato CT-VOICE.DRV e andrà piazzato nella cartella ‘drv’ all’interno della dir del gioco stesso. In seguito, settate Dosbox minuziosamente: scegliere ‘sbpro2’ come scheda audio, piazzate 16 mb di memoria, abilitate la memoria estesa (XMS), montate il disco ‘c:\’ e inserite ‘set sound=c:\cartelladelgioco’ nella sezione dell’autoexec. Se siete fortunati, e fate partire prima il setup del gioco, dovreste poter godere sia delle musiche che, soprattutto, degli effetti sonori (rari e pessimi: bella fregatura!). In seguito, vantatevi pure con gli amici per essere riusciti a far girare al meglio un gioco problematico da configurare già nel ’93.
Agosto 29, 2012 mercoledì at 1:07 pm
..Ahah, se è per quello, non son mai riuscito ad avviarlo con l’audio funzionante! 🙂
Sarò stato uno dei pochissimi bambini degli anni ’90 che sapeva cosa fosse un banco dei pegni proprio grazie a questo videogame.
I temi son un po’ forti, certo, come del resto anche lo humour che dovrebbe smorzarli – son quindi d’accordo nel ritenerlo poco adatto ad un pubblico troppo giovane, ma nel complesso Innocent Until Caught è un titolo che rammento con molto piacere!
Dovrebbe esserci un gioco molto simile, di cui non rammento una traduzione in italiano tuttavia, intitolato Guilty. Stessa casa produttrice, stesso protagonista maschile. Non so se abbiate già scritto una recensione al riguardo!
Sì, l’articolo è già pronto perchè era presente sul vecchio sito, sarà il prossimo che re-inserirò 🙂 . Grazie per i pareri!
Grazie per il preziosissimo aiuto tecnico in calce alla bella recensione:
è stato un lavoro immane far partire il DFend Reloaded con i driver della sound blaster come indicato:
ho usato questi “Updated DOS Drivers for SB 2.0 (v1.0) (OLD)”
e contemporaneamente prima di far partire il titolo digitavo
<>
in quanto in “C:” avevo creato la cartella “DRV” con all’interno il driver audio “CT-VOICE.DRV” di 4 KB specificato sopra.
Quanto al titolo direi che merita, in primis per l’atmosfera, peccato per il finale non all’altezza.
Questo il testo da digitare prima di far partire il titolo:
SET SOUND=C:\
SBTYPE=SB2
Ciao!
Rigiocare il titolo a distanza di un anno e’ sempre un piacere e constatare che la recensione e’ semplicemente calzante:
molto bella l’atmosfera nella prima parte, mentre nella seconda lo humour tra Jack e Narm e’ esilerante 😀
Consiglio di optare per la configurazione mista: Sound Blaster per i pochi effetti sonori e l’accompagnamento musicale alla splendida Roland MT-32.