Cruise for a Corpse
Il detective Raoul Dusentier viene invitato a una lussuosa crociera dal ricco affarista Niklos Karaboudjan, ma la sua vacanza viene brevemente interrotta dal misterioso omicidio dell’anfitrione. Interrogando minuziosamente i numerosi ospiti sulla nave, l’investigatore si renderà conto che ognuno di essi rappresenta un potenziale sospettato.
Terzo progetto di Paul Cuisset, “Cruise for a Corpse” (1991) chiude l’ideale trilogia adventure della Delphine cominciata con “Future Wars” e proseguita con “Operation Stealth”.
Come nelle precedenti avventure, Cuisset adopera il sistema Cinématique, questa volta portato a un livello di evoluzione tale da permettere alcune migliorie nell’interfaccia. I ‘verbi’, infatti, appaiono ora in maniera contestuale rispetto all’oggetto selezionato e, sebbene a volte le descrizioni siano poco chiare, si tratta di un deciso passo in avanti verso il puntatore intelligente. Più lento risulta invece l’utilizzo dell’inventario, caratterizzato dall’assenza di immagini degli oggetti raccolti.
In verità, gli aspetti positivi si scontrano ben presto con l’assurdità di alcune scelte di game design.
Innanzitutto, c’è da premettere che il gioco prende nota del tempo che si trascorre all’interno della nave. Non si è di fronte però a una sorta di orologio che simula il tempo reale (come accadeva in “Rise of the Dragon”), ma a un semplice pretesto per monitorare i vari trigger: a quasi ogni azione ‘utile’ corrisponde infatti un avanzamento di dieci minuti. La funzione tenta di rendere più realistica la vita dei personaggi, che durante la giornata compaiono in posti diversi: peccato però che tale espediente costringa il giocatore a setacciare continuamente tutte le camere (e fin dall’inizio si ha accesso a gran parte della nave) in cerca del personaggio con cui vuole dialogare. In pratica, si va a caccia dell’interlocutore desiderato lungo ogni anfratto del (micro)mondo di gioco, sperando di avere nuove domande da porgli in modo da far progredire la trama. Ma non finisce qui: in maniera del tutto immotivata, a volte capita di trovare un oggetto utile all’interno di un cassetto o un armadio che era già stato, in un altro momento della giornata, perlustrato senza successo. Inoltre le numerose interazioni possibili con lo scenario, anche le più particolari (per esempio ‘guarda dietro l’armadio’), portano quasi sempre a un nulla di fatto, tanto che viene da chiedersi se davvero fosse necessario un menu contestuale, essendo le operazioni accettate solo le più ovvie.
L’elemento appena descritto può ricordare molto da vicino quello utilizzato nel primo episodio della serie di Laura Bow della Sierra: nel caso dell’avventura di Roberta Williams, però, l’andamento del gioco non era lineare e lo scorrere del tempo non dipendeva dalla risoluzione degli enigmi (bensì dall’esplorazione), rendendo di fatto la feature molto meno invadente e legata al tasso di rigiocabilità, componente praticamente assente in “Cruise for a Corpse”.
Il tutto si traduce, in definitiva, in una serie di giri tediosissimi: dopo ogni azione utile, si tenta di scovare il dettaglio che i programmatori hanno deciso di cambiare. Insensato.
Ma ciò che davvero fa cascare le braccia è il pixel hunting: qualche volta, infatti, un oggetto di cruciale importanza e grandezza infinitesimale viene accuratamente mimetizzato nell’ambiente, rendendo la sua raccolta una questione di pura fortuna o di incredibile pazienza. Considerando che ciò avveniva fin da “Future Wars” e che “Cruise for a Corpse” rappresenta il terzo tentativo della software house, non si può davvero perdonare in problema. L’imprecisissimo cursore e la già citata randomizzazione di alcuni eventi (come nel caso in cui un oggetto importante compare magicamente nel gioco solo in seguito a un’azione scollegata da esso) rendono poi la vita praticamente impossibile al giocatore.
Se quindi è vero che in una storia di investigazione il setaccio dei vari scenari in cerca di prove o indizi utili fa parte del gioco, tale operazione è stata gestita dagli autori in maniera davvero scorretta.
In ogni caso, la risoluzione tradizionale degli enigmi compone solo una parte dell’avventura: per la maggior del tempo, infatti, ci si limita a interrogare i sospetti sulla vittima o sugli altri occupanti della nave. A parte la già citata scomodità nel reperire i personaggi, c’è da aggiungere che le suddette sezioni vengono svolte in modo troppo meccanico e finalizzate solo a sbloccare qualche nuova domanda.
Dal punto di vista della trama le cose non vanno così male. Seguendo la classica struttura whodunit tanto cara ad Agatha Christie, “Cruise for a Corpse” delinea un mosaico piuttosto complesso fatto di invidie, arrivismi e oscuri segreti, in cui ogni personaggio è tanto ben caratterizzato quanto sospetto (a parte proprio l’anonimo protagonista). Ciononostante, il ritmo compassato del gioco è solo raramente interrotto da qualche breve impennata, e l’intera indagine è farcita di punti morti in cui non si fa altro che girovagare a vuoto. La risoluzione finale è piuttosto inaspettata – e ciò è un bene – ma lo ‘spiegone’ finale è involontariamente comico, con il colpevole che getta la maschera senza una reale giustificazione (se non quella di essere stato ‘indicato’ come il responsabile) e pronuncia il suo lungo monologo-confessione piuttosto che tacere e lasciare che sia compito del detective mettere a posto i pezzi.
Graficamente, il gioco azzarda qualche novità tecnica (almeno in campo adventure), proponendo personaggi poligonali, così come avveniva nel classico “Another World” (realizzato dalla stessa Delphine nel medesimo periodo), al posto di semplici sprite. Nonostante i personaggi appaiano oggi inevitabilmente un po’ poveri (durante i dialoghi, comunque, si hanno zoomate in cui sono disegnati in modo più dettagliato), la feature garantisce animazioni molto più fluide del solito, sebbene il loro numero risulti estremamente ridotto: un vero peccato.
Da dimenticare il comporto audio, con musichette allegre del tutto fuori contesto (per giunta sparate a volume altissimo), che rendono l’intera colonna sonora decisamente molesta. Se a ciò si aggiunge un’assenza quasi totale di fx sonori, va da sé che è preferibile giocare in modalità muta.
Il gioco è tradotto nella nostra lingua, ma a giudicare dai numerosi errori non ha beneficiato di una sessione di beta-testing. Il problema sembra risalire alla già barcollante traduzione originale dal francese all’inglese, e l’ulteriore passaggio di adattamento ha martoriato drammaticamente i testi, rendendoli spesso incomprensibili o semplicemente scritti male: un difetto non da poco, soprattutto se si considera il genere di trama proposta.
“Cruise of a Corpse” non rappresenta per la Delphine la migliore uscita di scena possibile. Nonostante possa contare su una trama articolata come ogni buon giallo che si rispetti, l’opera di Cuisset è costellata di una serie di scelte assai discutibili e di un’assenza pressoché totale di agevolazioni per il povero giocatore.
La citazione:
Dusentier: Accadde in una mattina fredda di primavera… il destino ha finalmente deciso di bussare alla mia porta… Vennero nervosamente scarabbocchiate alcune parole sulla busta. Un invito innocente… che mi dava una vaga sensazione di una piacevole vacanza soleggiata… a bordo della meravigliosa barca a vela del mio ospite, il ricco Niklos Karaboudjan.
(le varie incertezze lessicali fanno parte dell’adattamento ufficiale)
Gennaio 3, 2013 giovedì at 4:15 am
Bella recensione che rispecchia il mio pensiero: il titolo e’ piuttosto monotono fino alle 14:00 (ora nel gioco) poi prende un po’ di abbrivio con qualche di colpo di scena piacevole.
La musica iniziale è molto bella e piu’ in generale si respira l’atmosfera da “Signora in giallo” 😉
Inferiore al capostipite “Future Wars” (molto bello), ma nettamente superiore all’abominio di “Operation Stealth”.
Consigliato a chi si appasiona ai dialoghi nelle avventure grafiche.