videogiochi


Assassin’s Creed

Nell’anno 2012, il giovane barista Desmond Miles viene prelevato dalle industrie Abstergo e portato con la forza all’interno di un edificio misterioso. L’organizzazione ha da poco ultimato il progetto ‘Animus’, una sorta di tecnologico ‘registratore di ricordi’ che permette a chi lo utilizza di accedere alle proprie memorie genetiche, ovvero ai ricordi degli antenati. Il dottor Warren Vidic, a capo dell’operazione, obbliga Desmond a entrare nel dispositivo per visionare i ricordi di Altair, un suo avo vissuto al tempo delle crociate e membro degli Hashashin/Assassini, una setta derivativa dell’Ismailismo (corrente dell’Islam) realmente esistita. Tale gruppo raggiunse il massimo dell’attività nel dodicesimo secolo: come scopo principale si occupava dell’eliminazione individuale di alcuni personaggi di spicco secondo una ferrea dottrina istruita dal Gran Maestro. La memoria a cui i membri dell’Abstergo vogliono accedere risale al 1191, anno in cui Altair fu testimone di qualcosa di importante che, a detta del dottor Vidic, la Abstergo userebbe per uno scopo nobile. Al povero Desmond, anch’egli un ex membro di una versione moderna degli Assassini, non resta quindi che utilizzare l’Animus e ‘vivere’ i ricordi del letale Altair relativi alla Terza Crociata, periodo in cui si trovò al centro di una disputa fra i Crociati capeggiati da Riccardo Cuordileone, re d’Inghilterra, e il musulmano Saladino, deciso fermamente a non consegnare Gerusalemme alla Chiesa. La sua missione sarà finita quando Desmond giungerà al ricordo tanto bramato dalla Abstergo: solo a quel punto, il dottor Vidic deciderà cosa fare di lui. (altro…)

Tomb Raider: Underworld

Lara Croft, dopo aver (provvisoriamente) fermato la sua amica/nemica Amanda Evert, è più che determinata a trovare sua madre, data per morta ma invece plausibilmente sopravvissuta all’interno della fantastica Avalon. Avendo scoperto un collegamento fra la mitologia di Re Artù e le leggende norrene, l’avventuriera si lancia alla ricerca dei guanti e della cintura del dio Thor, utili a maneggiare il leggendario martello che le aprirebbe le porte per Helheim (il reame dei morti). Sulla sua strada si misurerà nuovamente con la perfida nemesi Jacqueline Natla, la dea di Atlantide decisa come non mai a scatenare il Ragnarok, l’Apocalisse secondo i Vichinghi.

Con “Underworld” si conclude ufficialmente (e un po’ a sorpresa) l’arco narrativo cominciato con “Legend” e proseguito con il prequel/remake “Anniversary”.
Per venire incontro alle esigenze tecniche ‘next gen’, la Crystal Dynamics sforna per “Underworld” un engine nuovo di zecca, completando il tutto agli sgoccioli del 2008. In effetti i risultati si notano subito, ed è una vero piacere guardare la sinuosissima Lara muoversi agilmente in motion capture (eseguito dalla ex ginnasta e stunt professionista Heidi Moneymaker): la (davvero!) bella lady Croft saltella con grande naturalezza da una ‘piattaforma’ e l’altra, forte di un numero di animazioni particolarmente elevato. Molto convincente è anche la sua reazione all’ambiente: è possibile per esempio sporcarsi a contatto con terra e polvere e restare bagnati per un certo periodo dopo una nuotata. (altro…)

Tomb Raider: Anniversary

Che possa piacere o meno, il personaggio di Lara Croft è stato il primo – e il più eclatante – esempio di come un videogioco sia riuscito a balzare fuori dai monitor e invadere il cosiddetto ‘mondo reale’. La giovane e nobile avventuriera ha saputo in breve tempo conquistare copertine, interesse della stampa, televisione, moda, musica, fumetti, e perfino cinema.
La popolarità della sexy e poligonale Lara è cresciuta a dismisura, divenendo un fenomeno di costume e garantendo incassi facili alla Eidos con i capitoli successivi (e i vari data disk) del gioco originale. Anni dopo, lo strepitoso successo è andato via via appannandosi a causa, forse, di una sovraesposizione del personaggio e a ‘sequel’ troppo simili, nella struttura, al prototipo.

Paradossalmente, la voglia di protagonismo di lady Croft ha, col tempo, messo in ombra la sua stessa natura videoludica. Ma in realtà, il primo “Tomb Raider” fu un gioco a suo modo rivoluzionario: un mix irripetibile di raffinata e dinamica giocabilità, con evoluzioni acrobatiche e combattimenti con armi da fuoco, condito da una grafica tridimensionale di grande effetto (adattata poi per il mercato nascente delle schede video acceleratrici) e da lunghe esplorazioni solitarie attraverso luoghi degni del dr Jones. L’ispirazione proveniva palesemente dal vecchio “Prince of Persia” di Jordan Mechner, con i suoi salti, le piattaforme e, perfino, le mortali lance che spuntavano dal pavimento. Nonostante ciò, “Tomb Raider” seppe brillare di luce propria con un risultato finale mai più raggiunto dai suoi seguiti, forse a causa dell’abbandono dell’autore e designer principale, Toby Gard.
Sebbene in passato si fosse vociferato di un ritorno alla Core Design (responsabile della serie fino al criticatissimo “The Angel of Darkness”) per un progetto tributo, sono stati infine i nuovi autori della Crystal Dynamics a occuparsi di “Tomb Raider: Anniversary”, vero e proprio remake del titolo originale ed edito 11 anni dopo (anno 2007). Compito: ricreare le atmosfere di “Tomb Raider”, conservando trama e ambientazioni originali, all’interno di una grafica completamente rinnovata e con l’aggiunta delle inevitabili modifiche strutturali nel gameplay. (altro…)

Tomb Raider: Legend

Durante un’escursione archeologica in Sudamerica, l’avventuriera Lara Croft si imbatte in un gruppo di mercenari che hanno l’ordine di eliminarla. Il loro leader, James Rutland, è entrato in possesso di uno strano artefatto somigliante a un’antica spada che Lara rinvenne durante l’infanzia, lo stesso giorno in cui sua madre scomparve misteriosamente in seguito all’attivazione di un pericoloso dispositivo. Il tutto sembra legato alla mitologia bretone e ad Amanda, una vecchia amica di Lara ritenuta morta fino a quel momento…

Il flop dell’interessante ma tristemente incompleto “The Angel of Darkness” non avrebbe mai potuto interrompere uno dei franchise videoludici più redditizi di sempre, così la Eidos si rimboccò le maniche e partì alla ricerca della giusta software house a cui passare il testimone della Core Design, autrice originale della serie. La scelta ricadde infine sulla Crystal Dynamics, madre dell’apprezzata saga “Legacy of Kain”, che ricevette quindi il compito di riportare le avventure della ricca avventuriera inglese sui giusti binari, svecchiando il gameplay e consegnando ai giocatori esattamente ciò che ci si aspetta da un “Tomb Raider”. (altro…)

Zero Comico

Impossibile non conoscere Aldo, Giovanni & Giacomo (al secolo Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti), il trio comico che ha letteralmente spopolato al cinema, in tv e a teatro soprattutto durante la seconda metà degli anni ’90. Il loro umorismo, complessivamente semplice e diretto ma non kitsch, ne ha assicurato la fruibilità per ogni fascia d’età e il prolungato successo, coronato prepotentemente con le memorabili partecipazioni dal 1995 a “Mai Dire Gol”: durante i tre anni di permanenza all’interno della trasmissione della Gialappa’s Band, il trio, coadiuvato dall’ottima Marina Massironi, riuscì infatti ad introdurre i ‘personaggi’ che sarebbero poi divenuti i più riusciti e caratteristici dello strano gruppetto (si pensi agli improbabili numeri acrobatici dei “Bulgari” o alle demenziali parodie della “Tv Svizzera”, o ancora alla folle e stramba imitazione di animali come lo struzzo e il cammello).
Graditi ‘prezzemolini’ in ogni dove, i buffi Aldo, Giovanni & Giacomo hanno poi affrontato lo spauracchio di molti comici televisivi, il cinema, superando brillantemente la prova grazie a una serie di film genuini e sinceri (girati insieme al regista Massimo Venier), abili a descrivere con leggerezza ma ferma intelligenza una buona gamma di caratteri tutti italiani.
Il successo del trio va in gran parte attribuito alla scelta, non originale ma sicuramente vincente, di portare i loro ‘personaggi’ anche fuori dallo schermo, riuscendo a conservare le teatrali caratteristiche di ognuno (il puro ma imbranato Aldo, il falso drittone Giovanni, e il permaloso ma irrimediabilmente ‘sfigato’ Giacomo) e la sempreverde formula del ‘tormentone’ anche al di là del palcoscenico, creando così un’identificazione tanto immediata quanto divertente. (altro…)

Prisoner of Ice [Call of Cthulhu]

Antartide, fine degli anni ‘30: un sottomarino britannico, il Victoria, ha recuperato un prigioniero di guerra di nome Bjorn Hamsun, sfuggito in qualche modo da una base nazista. Insieme all’uomo viene anche ritrovata una strana cassa top secret appartenuta ai nazisti. Un giovane ufficiale americano assoldato dai servizi segreti, il tenente Ryan, è il secondo in comando del Victoria: in seguito a un incendio provocato da strane creature mostruose, è però costretto a prendere il comando del sottomarino e a tentare di trovare una soluzione agli strani eventi che cominciano a verificarsi. Da lì a poco scoprirà che le casse contenevano degli organismi – in seguito soprannominati ‘Prisoner’ – mantenuti sotto il ghiaccio per secoli, legati misteriosamente ai ‘Grandi Antichi’ e, in particolare, al ritorno sulla Terra di Cthulhu (ancora lui!).

Call of Cthulhu: Prisoner of Ice” (in principio solo “Prisoner of Ice”, anno 1995) rappresenta la chiusura dell’ideale trilogia lovecraftiana prodotta dalla Infogrames, cominciata con l’action-adventure “Alone in the Dark” e proseguita con l’avventura “Call of Cthulhu: Shadow of the Comet”.
Il team della casa francese (nel quale si può scorgere fra gli autori Denis Dufour, già programmatore dell’avventura precedente) confeziona questa volta un gioco più accessibile e meno hardcore: gli enigmi a tempo e le frequenti possibilità di veder morire il protagonista sono ancora presenti ma, generalmente, le varie agevolazioni del gameplay evitano le frustrazioni del suo predecessore. (altro…)

Shivers

Una moderna leggenda narra che il museo del Professor Windlenot sia infestato dai fantasmi; inoltre, pare che due ragazzi abbiano perso la vita venendo a contatto con le forze sovrannaturali al suo interno.
Un adolescente, rinchiuso nel cortile del museo per superare una sorta di rito di iniziazione, deve farsi coraggio e affrontare il mistero che circonda il posto. Ben presto sarà costretto a sfidare i terribili Ixupi, spiriti maligni figli del Dio Serpente dei Maya.

Seconda avventura di stampo horror della Sierra dopo “Phantasmagoria”, “Shivers” (1995) rappresenta un tentativo piuttosto evidente di cavalcare il successo di “Myst”, il capolavoro della Cyan pubblicato poco prima, rifacendosi nel contempo a un altro classico come “7th Guest”.
Si tratta, quindi, di un’esperienza solitaria all’interno di un grande ambiente misterioso e spettrale infarcito di enigmi e puzzle. Scopo: recuperare una serie di particolari ‘vasi’ capaci di catturare gli Ixupi. (altro…)

Shadow of the Comet [Call of Cthulhu]

1910. Un fotografo inglese di nome John Parker viene spedito in una strana e un po’ spettrale cittadina, Illsmouth (riferimento a Innsmouth, il villaggio costiero inventato da Lovecraft nei suoi racconti), per immortalare il passaggio della famosa cometa di Halley (la cometa che prende il nome dal suo scopritore, Edmond Halley: alcuni di noi hanno probabilmente potuto scorgerla durante il suo ultimo passaggio vicino alla Terra, nell’anno 1986).
Giunto in città e fatto conoscenza con i tanti personaggi del posto, John scopre che durante l’ultimo passaggio della cometa, nel 1835, un certo Lord Boleskine aveva appreso che Illsmouth fosse il posto perfetto per osservarla. Qualcosa però andò storto e il Lord finì per passare il resto dei suoi giorni in un manicomio. Dopo qualche ricerca, John apprende che la cometa è in qualche modo legata al ritorno di uno dei Grandi Antichi narrati da Lovecraft, ovvero il terribile Cthulhu in persona, e che alcune delle famiglie più influenti e pericolose di Illsmouth, guidate dal potente indiano Narackamous, ne sono direttamente coinvolte. Nonostante i suoi problemi di salute, John è costretto suo malgrado a scavare più in fondo e scoprire come fare per fermare tale evento: sia i Grandi Antichi che gli Dei Esterni come Yog Sothoth e Nyarlathotep (anch’essi coinvolti) non sono noti per la loro benevolenza… (altro…)

Cruise for a Corpse

Il detective Raoul Dusentier viene invitato a una lussuosa crociera dal ricco affarista Niklos Karaboudjan, ma la sua vacanza viene brevemente interrotta dal misterioso omicidio dell’anfitrione. Interrogando minuziosamente i numerosi ospiti sulla nave, l’investigatore si renderà conto che ognuno di essi rappresenta un potenziale sospettato.

Terzo progetto di Paul Cuisset, “Cruise for a Corpse” (1991) chiude l’ideale trilogia adventure della Delphine cominciata con “Future Wars” e proseguita con “Operation Stealth”.
Come nelle precedenti avventure, Cuisset adopera il sistema Cinématique, questa volta portato a un livello di evoluzione tale da permettere alcune migliorie nell’interfaccia. I ‘verbi’, infatti, appaiono ora in maniera contestuale rispetto all’oggetto selezionato e, sebbene a volte le descrizioni siano poco chiare, si tratta di un deciso passo in avanti verso il puntatore intelligente. Più lento risulta invece l’utilizzo dell’inventario, caratterizzato dall’assenza di immagini degli oggetti raccolti. (altro…)

Lure of the Temptress

La cittadina di Turnvale è soggiogata dalla maga Selena e dai suoi perfidi scagnozzi, gli Skorl. L’umile contadino Diermot combatte dalla parte del re, ma in seguito a una goffa caduta da cavallo viene catturato dagli Skorl e rinchiuso in una squallida cella. Grazie a un giullare di nome Ratpouch, anch’egli imprigionato, Diermot riesce a evadere. Giunto in città, decide di complottare col gruppo di resistenza locale per sconfiggere Selene, anche perché fra loro milita una giovane, Goewin, che ha attirato le attenzioni del nostro eroe.

Opera prima degli inglesi della Revolution, “Lure of the Temptress” è un’avventura che si proponeva di competere con gli iper blasonati titoli di LucasArts e Sierra. Charles Cecil, fondatore del team e capo progetto, sapeva perfettamente che sfidare i due colossi sul loro stesso campo era un’impresa improponibile, quindi cercò di puntare su un’ambientazione più particolare: alle distese favolistiche ed erbose di “King’s Quest” preferì un fantasy medievale dai contorni macabri, sebbene infarcito di umorismo. Oltre a ciò, il gioco avrebbe vantato un paio di innovazioni di carattere tecnico: la possibilità di risolvere enigmi in coppia col proprio compagno, impartendo ordini e consegnando oggetti, e, soprattutto, la prova sul campo del loro engine proprietario, il Virtual Theatre. (altro…)

Heart of China

Il ricco magnate Lomax III assume un eroe della Grande guerra, il pilota di aerei da combattimento Jake ‘Lucky’ Masters, per un incarico a dir poco pericoloso: liberare la figlia Kate dalle grinfie del perfido e potente Li Deng. Per ‘convincere’ il giovane ad accettare, Lomax prende in ostaggio la sua compagnia di aerei import/export, offrendo poi un ingaggio di 200.000 dollari destinato a scalare progressivamente a ogni giorno di ritardo. Senza altra scelta se non quella di assecondare il riccone, Lucky parte all’avventura, non prima però di aver coinvolto nella missione il misterioso ninja Zhao Chi…

A un anno dal convincente “Rise of the Dragon”, la Dynamix e il suo autore Jeff Tunnell tornano a riproporre la propria interpretazione di adventure con “Heart of China”: pur modificando drasticamente il setting e il mood generale, infatti, il gioco segue il solco tracciato dal suo predecessore presentando non poche analogie con esso, in particolar modo riguardo al game design.
“Heart of China” conserva la visuale in prima persona e l’interfaccia di “Rise of the Dragon” ma, nonostante sia assente l’orologio che scandiva il progredire dell’avventura di Blade Hunter, il fattore temporale resta di cruciale importanza: questa volta lo scorrere del tempo viene però calcolato in base al numero di azioni e ai malus che vengono inflitti se si compie la scelta errata. È ancora possibile ‘perdere’ nei più svariati modi (specie in seguito a un dialogo andato storto) e il pericolo ‘vicolo cieco’ è dietro l’angolo (ma il gioco – abbastanza correttamente – spiattella il the endpoco dopo, senza far girare a vuoto per troppo tempo), ma diversi errori vengono invece puniti con una ‘perdita di tempo’ che fa diminuire il compenso finale del nostro Lucky e che, alla lunga, può condurre a un finale meno soddisfacente. (altro…)

Gabriel Knight 2: The Beast Within

In seguito agli oscuri omicidi voodoo narrati in “Gabriel Knight: Sins of the Fathers”, lo scrittore Gabriel Knight si è trasferito da circa un anno in Germania, a Rittersberg, all’interno della ex dimora dello zio Wolfgang Ritter. Nel castello, appartenuto alla famiglia da generazioni, Gabriel accetta con riluttanza il suo pesante retaggio da Schattenjager (‘Cacciatore di Ombre’), cercando nel frattempo la solitudine necessaria per lavorare al suo prossimo libro.
Una sera, però, il signor Huber bussa alla porta del castello chiedendo aiuto a Gabriel, considerato lo Schattenjager in carica dopo la morte di Wolfgang: pare infatti che dalle parti di Monaco si aggiri una terribile creatura, già autrice di diversi omicidi. Secondo Huber, ciò che rende questo caso adatto a un Cacciatore di Ombre è la possibilità che la suddetta creatura possa essere un licantropo.
Gabriel, pur con un certo scetticismo, decide di occuparsi del problema e si trasferisce alla fattoria degli Huber, non prima di aver aggiornato e rassicurato la sua amica Grace Nakimura, rimasta a New Orleans a occuparsi della sua libreria. Ma il giovane Schattenjager non ha previsto che il caso si rivelerà molto più pericoloso del previsto, e avrà bisogno ben presto di tutto l’aiuto dell’intelligente studentessa, la quale, in ogni caso, proprio non accetta di essere lasciata in disparte… (altro…)

Blackwell Legacy, The

Joey è lo spettro della famiglia Blackwell da tre generazioni: suo malgrado, è costretto ad accompagnare l’erede di turno lungo l’intera esistenza, come una sorta di perpetuo spirito guida. Riservata e solitaria, Rosangela – l’ultima dei Blackwell – si vede quindi obbligata non solo ad accettare il suo dono/maledizione, ma ad affrontare quella che diventerà la sua missione di vita: risolvere i travagli delle anime in pena rimaste bloccate nel mondo terreno e ‘traghettarle’ nell’aldilà.

The Blackwell Legacy” (2006, Wadjet Eye) è il primo titolo commerciale dell’autore newyorkese Dave Gilbert (se si esclude il mezzo passo effettuato con la versione deluxe di “The Shivah”) e rappresenta, in effetti, il remake esteso di un altro prodotto realizzato tre anni prima dal medesimo artefice, rivolto però al mercato freeware (“Bestowers of Eternity”). (altro…)

Gabriel Knight: Sins of the Fathers

Nei meandri della oscura e multietnica New Orleans, una serie di delitti, misteriosi quanto efferati, sembrano in qualche modo ricondurre al voodoo. La polizia pensa che la magia nera non sia altro che un bluff, uno specchietto per le allodole volto a mascherare una semplice faida fra organizzazioni criminali di rango elevato.
Gabriel Knight, uno squattrinato scrittore di romanzi di dubbia qualità, è anche il proprietario di una piccola libreria gestita dalla acida ma fedele ‘segretaria’ Grace Nakimura. Gli omicidi sembrano uno spunto perfetto per il suo prossimo libro (se mai lo terminerà), quindi avvia un indagine privata per scoprire qualche dettaglio in più, confidando anche nel prezioso ma inconsapevole aiuto di un suo vecchio amico, l’imbolsito detective Mosely. (altro…)

Flight of the Amazon Queen

È l’anno 1949. Dopo essere sopravvissuti a una rocambolesca quanto demenziale avventura, Joe King, un pilota di aerei a noleggio, e il suo sidekick Sparky ottengono un nuovo incarico: accompagnare la famosa diva hollywoodiana Faye Russel in Amazzonia per un servizio fotografico. Sorte vuole che l’aereo precipiti a causa di un fulmine e il simpatico trio si trovi bloccato nel mezzo della giungla, impossibilitati a comunicare con l’esterno. La loro avventura li condurrà ad affrontare un perfido scienziato pazzo, il dr Ironstein, deciso a dominare il mondo trasformando tutte le amazzoni in dinosauri (?).

Seguendo la falsariga tracciata dai titoli lucasiani, la Interactive Binary Illusions sforna il suo primo adventure nel 1995. Umorismo, dialoghi brillanti, citazionismo: “Flight of the Amazon Queen” non inventa nulla, rifacendosi a rodati elementi di successo, ma gli ingredienti sono dosati con sapienza e intelligenza. (altro…)

Mean Streets

Tex Murphy è il tipico investigatore privato in impermeabile dall’aria di chi fa continuamente a cazzotti con la vita e snocciola riflessioni amare sull’esistenza: non vive però nell’America della Grande Depressione, ma in una post-apocalittica e radioattiva San Francisco governata dalla tecnologia e dagli eccessi. Tex viene assunto da Sylvia Linksy per indagare sulla morte del padre Carl, un professore universitario: la polizia pensa a un tipico caso di suicidio, ma la ragazza ritiene che si sia trattato di omicidio. Investigando su e giù lungo la costa orientale degli Stati Uniti, il nostro detective porterà alla luce un disegno che va ben oltre la morte di un solo uomo, e che metterà in bilico il destino del mondo.

La Access Software, casa americana fondata nel 1983 con sede a Salt Lake City, fa il suo esordio nel mondo delle avventure grafiche nell’89 con “Mean Streets”, titolo che avrebbe dato il via a una delle serie più note del genere. Scritto e diretto dai due fondatori dell’azienda, Bruce Carver e Chris Jones (insieme a Brent Erickson), il gioco è in realtà caratterizzato da un gameplay misto, retaggio di un periodo estremamente sperimentale per gli adventure. (altro…)

Last Express, The

Il servizio ferroviario dell’Orient Express (fondato dalla francese Compagnie Internationale des Wagons-Lits) cominciò nell’anno 1883, mirando a favorire il collegamento fra l’Europa l’Oriente e, nello specifico, tra la città di Parigi e l’antica Costantinopoli. Ovunque, il suo nome era sinonimo di lusso, e il suo successo portò ben presto ad estendere il servizio verso altri tragitti.
La risonanza fu tale che la linea ha provocato molte omonimie e ‘tentativi di imitazione’ anche da parte di compagnie private, e non si contano le opere di finzione che hanno utilizzato il treno come sfondo per vicende spesso oscure e misteriose. Fra gli esempi di maggior rilievo, si ricorda in primo luogo “Dalla Russia con Amore”, secondo film della saga di James Bond (in cui le eleganti carrozze fungono da teatro per la lunga fuga dell’agente segreto al servizio di Sua Maestà) e, soprattutto, uno dei romanzi gialli più famosi di Agatha Christie, che ha per protagonista l’investigatore belga Hercule Poirot (per noi videogiocatori esiste anche la trasposizione avventurosa “Agatha Christie: Assassinio sull’Orient Express”).
Ufficialmente, l’Orient Express è stato chiuso definitivamente nel 1977, ma esiste tutt’oggi un servizio che si fregia di questo nome, la cui corsa parte da Parigi e termina a Vienna.
Tralasciando le linee che nacquero successivamente, l’originale servizio dell’Orient Express fu interrotto in occasione dei due conflitti mondiali. (altro…)

To the Moon

La dottoressa Eva Rosalene e il dottor Neil Watts sono specializzati in un compito a dir poco particolare: entrare nel passato di persone in fin di vita e ‘innestare’ falsi ricordi al fine di soddisfare l’ultimo desiderio del morente. Il nuovo caso riguarda quello di Johnny Wyles, un uomo – ormai in coma – con il sogno, apparentemente inspiegabile, di andare sulla luna. Il lavoro dei due dottori è quindi quello di ‘riavvolgere’ la vita di Johnny attraverso dei link mnemonici fino ad arrivare alla sua infanzia, dove potranno scoprire il motivo del suo desiderio e iniziare a costruire l’impalcatura che sorreggerà il falso ricordo.

To the Moon”, realizzato quasi unicamente da Kao Gao (etichetta Freebird Games, 2011), è un titolo figlio dei suoi tempi, realizzabile solo in un tempo in cui il mercato indipendente è capace di dettare legge e stabilire trend, trasformando i limiti in punti di forza.
Si potrebbero infatti spendere fiumi di parole nel tentativo di elogiare la grafica minimale e il gusto rètro del gioco in oggetto, ma la verità è che la reale volontà dell’autore era quella di raccontare una storia. Il budget risicato non l’ha fermato: armato di un semplice tool (l’RPG maker, generalmente utilizzato per sviluppare giochi di ruolo), Kao Gao ha di fatto evitato una lunga serie di convenzioni videoludiche, scelto di non creare una sfida per il giocatore e sfruttato al meglio i limiti tecnici, riuscendo a realizzare un racconto intimista in cui non esistono supereroi, soldati armati di tutto punto o situazioni fantastiche.
Con i suoi enigmi praticamente assenti e i dialoghi verbosi, è quindi la storia al centro dell’intera produzione, pertanto è corretto bilanciare il focus della valutazione a favore di essa. (altro…)

Star Wars: Dark Forces

In seguito alla distruzione della prima Morte Nera, l’Impero Galattico dà il via a una serie di iniziative alternative per sconfiggere l’Alleanza Ribelle una volta per tutte. Una di queste è il progetto ‘Dark Trooper’ del generale Mohc, che consiste nella costruzione di una serie di droidi da battaglia letali e di potenti esoscheletri altamente equipaggiati come complemento o sostituzione delle classiche truppe d’assalto imperiali. L’Alleanza Ribelle spedisce quindi Kyle Katarn, mercenario ed ex agente dell’Impero, a indagare sulla faccenda.

La prima incursione della LucasArts nel campo degli sparatutto risale al 1995 ed è storicamente rivoluzionaria: “Dark Forces”, diretto da Daron Stinnett al suo esordio nella casa californiana (ma non va dimenticato il grafico Justin Chin, vero creativo dietro al progetto), simboleggia senza dubbio una delle tappe fondamentali per il genere, delineando una concreta direzione per molte produzioni future. (altro…)

Stacking

Il capofamiglia degli umili Blackmore è raggiante per aver ottenuto un buon posto di lavoro per conto di un potente industriale, noto come ‘il Barone’. Ma quando il padre non fa più ritorno, il perfido magnate viene a riscuotere dalla famiglia, costringendo ai lavori forzati tutti i figli meno il piccolo Charlie, considerato troppo giovane. Armato solo di un’imprevedibile e sottovalutata arguzia, l’ultimogenito dei Blackmore parte per una grande avventura nel tentativo di liberare i fratelli dalle grinfie del Barone.

In seguito ai grossi sforzi di produzione relativi a “Psychonauts” e “Brutal Legend”, la Double Fine sceglie di cambiare strategia e di affidarsi a una serie di brevi prodotti a basso budget ideati per il mercato – oramai affermato – del digital delivery, con l’implicita richiesta di dribblare le difficoltà economiche con slanci di creatività.
Stacking” di Lee Petty (2011) è un esempio perfettamente riuscito in questo senso. (altro…)

SPOILER ALERT

      Data la natura di approfondi- mento degli articoli inclusi in questo sito, è piuttosto semplice incappare in diversi spoiler (comprese delle anticipazioni sul finale dei titoli trattati). Se siete in cerca di recensioni più classiche e spoiler free, fiondatevi su Adventure’s Planet.

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