Assassin’s Creed: Brotherhood
L’Assassino fiorentino Ezio Auditore, in possesso di una Mela dell’Eden, torna a riposarsi nella sua dimora e Monteriggioni dopo aver sconfitto il malvagio Rodrigo Borgia. Ma un implacabile assedio a opera di Cesare Borgia, figlio di Rodrigo, mette prematuramente fine alla sua vacanza: perso nuovamente il Frutto dell’Eden, l’Assassino decide quindi di stabilirsi a Roma e di liberarsi dei Borgia una volta per tutte. Per Desmond Miles rivivere i ricordi del suo antenato è nuovamente indispensabile al fine di scoprire l’ubicazione dell’artefatto mistico nei giorni presenti e recuperarlo: grazie al potere della Mela, infatti, i moderni Assassini avrebbero una chance in più contro la misteriosa Abstergo.
“Assassin’s Creed: Brotherhood” (Ubisoft Montreal, 2010) è la seconda parte della trilogia dedicata al rinascimentale antenato di Desmond, Ezio, e rappresenta il seguito diretto di “Assassin’s Creed 2”. L’uscita posta a solo un anno di distanza dal titolo precedente, forte della consapevolezza di aver indovinato una formula di successo, conduce inevitabilmente a una produzione più prevedibile che gioca sul sicuro, ma il risultato finale costituisce comunque una fonte di ottimo intrattenimento che fa tesoro dei feedback ricevuti e si limita a qualche timida introduzione.
Per quanto riguarda i compiti che portano avanti la trama principale, il gioco diretto da Patrick Plourde (subentrato all’autore originale, Patrick Désilets, qui accreditato come co-writer) si conferma essere nuovamente un’estasi divertente e appagante di salti, combattimenti, inseguimenti e sezioni stealth supportati da un reparto audiovisivo di ottimo livello. La bontà dell’insieme è poi incrementata dalla coolness ed eleganza tipica della serie, capace di concepire una vera e propria icona moderna (la figura dell’Assassino) particolarmente ispirata.
Unico teatro delle vicende è, questa volta, la città di Roma. Gli scorci suggestivi non mancano e la location è ricreata con gusto, ma l’impatto nel complesso appare meno dirompente rispetto al passato, anche perché privo della varietà che era invece assicurata negli episodi precedenti.
A questa scarsità di freschezza nel reparto più superficiale, “Brotherhood” si difende con qualche novità. La più rilevante è certamente l’entrata in scena della ‘Confraternita’ di Assassini che Ezio mette insieme più o meno a metà dell’avventura: ‘aiutanti’ da spedire in missione in giro per l’Europa al fine di guadagnare denaro o di recuperare oggetti rari ma, soprattutto, delle spalle concrete su cui contare durante le missioni (mandarli in avanscoperta per fare il lavoro sporco – e silenzioso – al posto nostro è una delle ‘gabole’ più efficaci, nonché una strategia indispensabile in diverse occasioni). Nonostante il ‘vantaggio’ regalato dagli Assassini possa sembrare troppo netto, si tratta comunque di una feature gradita che arricchisce l’esperienza di gioco, sebbene non la modifichi in maniera sostanziale.
Un’altra introduzione è costituita dalla possibilità di liberare la città di Roma dall’influenza dei Borgia uccidendo figure di spicco, bruciando le torri sparse in giro sulla mappa e infine ‘restaurando’ negozi e monumenti caratteristici. Ripulire la zona e provvedere alla sua rinascita permette, come già accadeva nell’episodio precedente, di guadagnare denaro extra da spendere per perfezionare arsenale e armatura di Ezio, oppure per una serie di modifiche cosmetiche che influiscono marginalmente. Sebbene sulle prime questo genere di incarichi appaia soddisfacente, è piuttosto facile che con la sua continua riproposizione possa subentrare una certa noia: si tratta della prima avvisaglia di un game design che presenta una (buona) varietà di compiti secondari che però hanno il difetto di essere di numero troppo elevato, causando immancabilmente una ripetitività che comincia a fare capolino dopo alcune ore di gioco.
Non esistendo altri cambiamenti alla struttura del secondo capitolo (soprattutto riguardo ai compiti facoltativi), è facile giungere alla conclusione che alla lunga, insomma, la sensazione che si prova è quella di avere a che fare con una sorta di data disk / dlc esteso del gioco precedente, in cui il format di successo viene replicato pedissequamente allungando il brodo il più possibile con missioni poco ispirate (le più noiose sono senza dubbio quelle di pedinamento), che si risolvono in maniera meccanica in assenza di una difficoltà adeguata o perlomeno di un cambio nel ritmo.
Così come avveniva nell’episodio precedente, le sessioni più riuscite e stimolanti dal punto di vista del gameplay (perlomeno per quanto concerne le azioni facoltative) consistono invece nelle fasi più ‘platform’ in cui Ezio può sfoggiare appieno le sue doti atletiche, come le quest riguardanti i ‘Seguaci di Romolo’ e la distruzione delle macchine di Da Vinci (originariamente un DLC acquistabile separatamente).
Lascia però un po’ perplessi l’obiettivo della ‘sincronia totale’, ovvero sfide opzionali decisamente più ardue contenute nella maggior parte delle missioni: sulla carta l’idea è buona e permette un certo innalzamento del tasso di difficoltà, ma in realtà la caratteristica è imposta in maniera scorretta, costringendo a ripetere da capo un incarico di decine di minuti solo a causa di un minimo errore.
Concepito per essere un episodio di passaggio, “Brotherhood” non può annoverare la sceneggiatura fra i suoi ‘pro’. Scialba e pesantemente trascinata, la trama non approfondisce abbastanza la mitologia della serie e la confina ai margini opposti del plot, perdendosi in molteplici sottovicende personali e sulla lotta di Ezio contro i Borgia.
In realtà è comunque possibile percepire una concreta complessità (fanta)storica, ma è generalmente tenuta da parte all’interno dei vari approfondimenti (perlopiù testuali) o in sezioni più trascurabili (il recupero dei ‘cluster’), risultando di conseguenza poco coinvolgente. È davvero un peccato che una tale documentazione non venga sostenuta da una scrittura all’altezza: si è invece di fronte a un mare di input che si disperdono in un intreccio freddo e bloccato, con un protagonista anonimo che si limita a eseguire meccanicamente le missioni senza mai spiccare e una serie di comprimari generalmente dimenticabili (con qualche eccezione, come il belligerante Bartolomeo e il rassicurante Da Vinci). Più brillanti invece le sezioni con Desmond e compagni, grazie probabilmente alla possibilità di un maggiore spazio di manovra.
In definitiva, è quindi possibile osservare come tutto il potenziale narrativo resti tristemente nello stato sottocutaneo (un difetto storico della serie, a ben vedere), con una mitologia non certo originale ma affascinante che gli autori accantonano completamente per gran parte del tempo, per poi ripescarla solo nelle battute finali (in cui peraltro è presente l’unico, piccolo, sussulto emozionale) attraverso la fiera del non detto, farcita da immancabili enigmi e misteri (apparentemente?) casuali.
“Assassin’s Creed: Brotherhood” è un titolo piacevole e divertente, ma è praticamente impossibile non cominciare a percepire una certa stanchezza nella formula e il tentativo di dilatare il più possibile il concept narrativo. In ogni caso, per circa ¾ della sua durata, i pollici sono generalmente rivolti verso l’alto.
La citazione:
Ezio: Ho creato la Confraternita perché durasse, con o senza di me.
Leonardo: Che cosa intendi fare?
Ezio: Piantare un seme.
Luglio 5, 2014 sabato at 2:29 am