Testament of Sherlock Holmes, The
Sherlock Holmes e il dottor Watson indagano sulla morte di un vescovo, apparentemente torturato e poi assassinato da un gruppo di uomini. Una minuziosa osservazione della scena del crimine e un pizzico di scienza permettono al detective di scoprire che la vittima è stata avvelenata con un intruglio che scatena una follia incontrollata, ma tale indizio non è che la punta dell’iceberg di una complessa operazione criminale che coinvolge i poteri più alti della società. Il burattinaio dietro le quinte sa però che l’elaborato piano può avere successo solo se metterà fuori gioco l’unico uomo in grado di fermarlo, e su cui tenterà di far ricadere tutte le colpe: Sherlock Holmes.
Sesto episodio della serie classica della Frogwares (se si escludono i vari spin off più ‘casual’), “The Testament of Sherlock Holmes” (2012) ritorna al cuore del mood holmesiano, privo questa volta delle curiose e a volte strambe contaminazioni del passato, per raccontare una vicenda dai toni lenti e non particolarmente ricca, ma comunque piacevole per (quasi) tutta la sua durata.
Sebbene struttura, dialoghi e aspetto tecnico abbiano ormai raggiunto una buona qualità, il nuovo capitolo appare però come un piccolo passo indietro rispetto al precedente “Sherlock Holmes vs Jack the Ripper”, episodio più equilibrato e riuscito sotto alcuni punti di vista, e salta quindi l’appuntamento con una conferma che ormai sembrava inevitabile.
L’indagine in sé non presenta spunti di particolare richiamo, ma verso il secondo quarto dell’avventura l’intreccio cambia marcia facendo leva sull’ambiguità di alcuni atteggiamenti di Sherlock, presto nelle inedite vesti di sospettato principale. Naturalmente non si arriva mai a dubitare davvero dell’eroe di Conan Doyle (nonostante qualche cedimento del povero Watson), ma la curiosità di osservare come infine gli autori dissiperanno le nebbie riesce comunque a tener vivo l’interesse. Purtroppo però la risoluzione del mistero viene sbrigata troppo velocemente attraverso l’ennesima ‘esposizione dei fatti’ di Holmes e risulta un po’ deludente.
A proposito degli spiegoni di Sherlock, come nota negativa va anche segnalato che spesso essi includono una serie di azioni e di manovre che il detective ha svolto per conto proprio: benché tale espediente sia parte della caratterizzazione classica di Holmes, il giocatore rischia spesso di sentirsi ‘scollegato’ dal personaggio perdendo parte dell’immedesimazione, come se si limitasse a eseguire dei compiti senza capirne il disegno generale.
Per giunta, l’arrivo a sorpresa del supercattivo non solo è annunciato da Sherlock ancor prima che venga effettivamente mostrato (una scelta davvero anticlimatica), ma finisce col risultare in una comparsata (quasi un cameo) incapace di trasmettere il senso di minaccia e il carisma tipicamente associati al personaggio.
Buona invece la presenza più centrale di Watson (spesso controllabile dal giocatore), anche se il genere di problemi che è chiamato ad affrontare non è poi così diverso da quelli con cui ha a che fare l’infallibile detective (tanto che la cosa è perfino sottolineata con ironia dallo stesso Sherlock).
L’avventura può vantare una serie di enigmi abbastanza vari e stimolanti, alternando un sistema di ‘deduzioni’ – che ben si allinea all’approccio di Holmes – con la raccolta e l’analisi di prove e con classiche manipolazioni di oggetti. Sfortunatamente gli autori non resistono alla tentazione di tornare a farcire il game design di antipatici rompicapo (skippabili) quali scacchiere, serrature a combinazione, puzzle da ricomporre e simili che nulla hanno a che vedere con un’indagine realistica e che ostacolano eccessivamente il progredire della trama: considerando gli zoppicanti inizi della software house e il buon equilibrio faticosamente raggiunto con il precedente episodio, si sperava di non vedere più un’avventura targata Frogwares disseminata di elementi di questo tipo, ma a quanto pare la lezione non è stata del tutto imparata.
Spesso, inoltre, il giocatore è lasciato un po’ da solo di fronte a un puzzle senza che gli venga fornito un qualche tipo di indizio sulla sua funzione: un approccio old style che può piacere ma che – considerata l’epoca dell’uscita – rischia di sembrare un po’ indigesto.
Per quanto concerne l’aspetto tecnico, il livello resta più che idoneo, con un’ottima resa dei modelli (sebbene qualche animazione in più non avrebbe guastato) e un discreto comparto audio (con musiche ottimamente composte ma tremendamente invadenti, ormai un trademark della serie). Buono il main theme che si ascolta durante il menu.
Ripensare ai pro e ai contro di “The Testament of Sherlock Holmes” conduce a un’osservazione: probabilmente, tagliare qualche rompicapo filler e condensare meglio gli eventi, snellendo la durata della vicenda e dando maggior peso ad alcune situazioni e ai villain, avrebbe migliorato il gioco in maniera sensibile senza richiedere grosse modifiche strutturali.
In definitiva, i Frogwares non riescono – forse per la prima volta – a perfezionare ulteriormente una serie in costante crescita (cominciata col mediocre “Il Mistero della Mummia”), ma – in ogni caso – l’indiscusso mestiere degli autori e l’apprezzabile riuscita nel caratterizzare ambientazione e protagonisti rendono questo episodio un’avventura certamente gradevole.
La citazione:
Watson: Dopo tutti questi anni trascorsi ad accompagnarla nelle sue indagini, credevo di essere relativamente in grado di seguire il corso dei suioi pensieri, ma… in questo caso particolare, devo ammettere di non aver capito nulla!
Holmes: Ah, lei vede ma non osserva, Watson. È questa la differenza.
Gennaio 12, 2016 martedì at 2:57 am