Videogiochiamo al dottore?
La funzione del sesso nel mondo dei videogiochi.
Avete mai provato a chiedere alla ragazza dietro al banco di un bar un cornetto alla crema, accompagnato da un buon caffè caldo? Anzi, meglio, bollente?
Beh, non vi ha poi invitato a casa sua?
Allora le ipotesi sono due:
a) la signorina non è una videogiocatrice;
b) la censura a “Grand Theft Auto: San Andreas” ha ottenuto l’effetto sperato.
Il sesso è sempre un argomento difficile da trattare. Nel mondo dei videogiochi, poi, lo è decisamente di più.
Il riferimento nell’introduzione è presto detto. La mod “Hot Coffee”, applicata alla versione PC di “Grand Theft Auto: San Andreas” (Rockstar Games, edito nel 2005 per PC ma precedentemente uscito su console), permetteva di sbloccare una funzione del gioco: dopo aver sedotto una fanciulla, il protagonista CJ era poi invitato a bere un ‘caffè caldo’. Un messaggio chiaro per lo scaltro CJ, mai così felice di poter perdere le prossime ore facendo ‘ginnastica alternativa’. Nel gioco originale, la telecamera riprendeva a distanza il momento, lasciando immaginare il resto con l’ausilio di suoni ad hoc e movimenti di macchina allusivi. L’“Hot Coffee”, invece, permetteva di ‘vivere’ quel momento in prima persona, dandoci il controllo del ritmo e dell’intensità dell’atto, nel tentativo di soddisfare l’insaziabile donzella.
Quella che poteva sembrare un’aggiunta, una modifica di qualche intraprendente programmatore, era però un minigioco realmente implementato da quei furbetti della Rockstar che, all’insaputa della casa distributrice Take 2, si erano concessi questa ennesima ‘divagazione’ del concept (fin troppo spolpato) di “GTA”, per poi ‘bloccarlo’ – senza eliminarlo del tutto – prima della sua uscita. Come facilmente prevedibile, il caso ha creato un’ulteriore pubblicità al prodotto, nonché una ‘rivalutazione’ da parte di organizzazioni come la ESRB o la OFLC (che si occupano del rating dei software rispettivamente negli Stati Uniti e in Australia) che applicarono il bollino ‘solo per adulti’ e fermarono la distribuzione del gioco. La successiva patch “Cold Coffee” (sic!) rilasciata dalla stessa Rockstar, placò gli animi solo in parte.
Perfino la senatrice Hillary Clinton si è in seguito interessata alla questione (in passato aveva già condannato il classico “Mortal Kombat”), consigliando ‘azioni immediate per determinare la fonte dei contenuti pornografici e violenti che appaiono nel gioco “GTA: San Andreas” ‘, dichiarando di ‘cercare di fare tutto il possibile per far sì che i genitori possano difendersi dai videogiochi violenti che rinnegano i valori che essi cercano di insegnare ai propri bambini’. In seguito, ha proposto una legge che rendeva di fatto un reato federale vendere a minorenni videogiochi considerati ‘per adulti’.
In realtà, la “Hot Coffee” (modalità che poi si è scoperta attivabile anche su console) non faceva che aggiungere una sezione solo poco più esplicita rispetto al resto del gioco, che conteneva comunque forti tematiche sessuali (nonché di violenza) lungo tutta la sua durata.
Nonostante il sottoscritto si schieri sempre e comunque contro la censura (sebbene sia giusto stilare dei limiti secondo le varie fasce d’età), bisogna riconoscere che la Rockstar Games non è certo nuova a questo genere di provocazioni (basti guardare il concept da snuff movie di “Manhunt” e i problemi di distribuzione del suo seguito): inutile dire che – soprattutto riguardo alle tematiche sessuali nei videogiochi – il terreno è fertile per facili bigottismi e censure sconsiderate, simbolo lampante di un atteggiamento superficiale verso un medium a cui si ostina a negare la giusta dignità.
Ma facciamo un po’ di ordine. Innanzitutto, è bene chiarire la sostanziale (ma semplicistica) differenza fra ‘pornografia’ ed ‘erotismo’: il secondo presuppone un certo coinvolgimento emotivo, mentre il ‘porno’ esibisce un tipo di sessualità del tutto slegata da esso e visivamente più esplicita.
Quando si parla del sesso nei videogiochi è impossibile riuscire a esaurire l’argomento. Ciononostante, la materia è stata affrontata in modo tale da rendere possibile una (approssimativa e sintetica) divisione per genere:
- I titoli di stampo dichiaratamente pornografico (sia hard che soft), e diretti ai soli adulti. Generalmente, il concept è molto semplice (Strip Poker et similia) e ridotto a mero pretesto: all’interno di tali produzioni è facile immaginare la funzione preponderante (e palesemente mercificata) del sesso. Discorso simile per gli “Eroge”, ovvero i videogiochi erotici giapponesi (disegnati in stile anime), molto noti in Oriente ma praticamente sconosciuti in altre parti del mondo (a causa di differenze culturali, mancate localizzazioni, e scarso interesse da parte delle riviste occidentali). In ogni caso, il mercato in Giappone è tanto florido da meritare una speciale e variegata suddivisione di generi a dir poco ‘ammiccanti’: “Yaoi” e “Yuri”, “Bishojo”, “Shotagon”, e “Lolicon”: ognuno di essi con speciali caratteristiche volte a soddisfare i diversi gusti (storie omosessuali, oggetti del desiderio rappresentati da teen maliziose o giovani minorenni, e così via).
Molto fini a loro stesse, le suddette produzioni difficilmente valgono la pena di essere ricordate;
- I giochi in cui il sesso viene utilizzato non in dosi massicce ma piuttosto esplicite, che qualche volta rasentano i limiti del buon gusto. La componente sessuale, in ogni caso, è attenuata da forti accenti umoristici, da parossismi bizzarri e volontariamente comici, che sembra apparentemente piazzata per ammortizzare l’effetto. Il già citato “Hot Coffee” di “GTA: San Andreas” riesce quindi a risultare mediamente divertente e abbastanza coerente con lo stile di gioco, mentre alcuni eccessi di “Leisure Suit Larry: Magna ‘Cum Laude” (2004) possono suonare un po’ troppo volgari e gratuiti.
La saga della biondissima “Lula” (l’ultimo episodio, “Lula 3D”, è un’avventura grafica con qualche sezione d’azione in soggettiva, del 2006) è un esempio emblematico di questo genere: sessualità esplicita ma condita da comicità leggera e generalmente ‘collegiale’ (non a caso, questa tipologia può essere associata ad alcune sexy-commedie cinematografiche di matrice americana per i giovani adolescenti e post-adolescenti, come la trilogia di “Porky’s”).
A parte rari esempi, c’è ben poco di memorabile anche su questo fronte.
Si può parlare di pornografia, ma siamo più dalle parti del soft tendenzialmente innocuo, sebbene sia imperativo che la loro fruizione vada limitata ai più grandicelli;
- In questa categoria, a fronte di un abbassamento del livello umoristico, il sesso viene affrontato in modo più serio ma meno esplicito a causa di una scelta o, più probabilmente, per evitare di incappare in problemi di rating.
Niente di troppo spinto, quindi, ma più ‘consapevole’ e meno ironico. Rientrano in questa categoria quei titoli che comunque fanno delle tematiche sexy/sessuali l’attrattiva principale, ma senza superare una certa soglia. In qualche modo, chi è a caccia di qualcosa di realmente ‘bollente’ potrebbe restarne deluso.
“Singles: Flirt Up Your Life” (simulatore di vita sullo stile di “The Sims”, anno 2004) e seguito (“Singles 2: Due Cuori in Affitto”, 2005) mostrano qualche nudità frontale (censurata in alcuni paesi), ma nessuna volgarità eccessiva. L’alto obiettivo del gioco è quello di stabilire una relazione sessuale con i propri co-inquilini. Va poi segnalata la possibilità di poter vedere ‘in azione’ anche coppie omosessuali.
Il lungamente atteso “Playboy: The Mansion” (anno 2005) mette invece nei panni del fondatore della famosa rivista di ‘conigliette’, Hugh Hefner, nel tentativo di costruire un vero e proprio impero. Frequenti i momenti sexy, ancor più soft di quelli visti in “Singles” (i personaggi non restano mai completamente nudi). Si tratta più che altro di un semplice gestionale che fa leva sul marchio e sulle tematiche particolari per attirare il giocatore.
In definitiva, tale categoria appare speculare a quella precedente: sessualità più matura e cosciente, ma meno sopra le righe. L’umorismo, comunque presente, non è più una delle componenti principali;
- Merita uno spazio a sé la tipologia di giochi stile “Leisure Suit Larry”: questa volta, l’umorismo è preponderante rispetto alla componente sessuale. Molti ammiccamenti, quindi, doppi sensi e battute allusive, ma di hard praticamente nulla.
Questo genere di titoli utilizza tematiche sessuali (che, pur non restando certamente sullo sfondo, appaiono tutt’altro che sboccate) per dare il via a situazioni comiche e prettamente goliardiche. Elementi di nudità e sessualità sono presenti in quantità minime, e in ogni caso restano vagamente stilizzati e mai troppo intensi.
Il genere è stato in realtà inaugurato dalle vecchie avventure testuali, fra cui vale la pena citare “Leather Goddesses of Phobos” della Infocom (1986) e, soprattutto, il precedente “SoftPorn Adventure” di Chuck Benton, prodotto dalla On-Line Systems (futura Sierra On-Line, anno 1981), vero e proprio apripista del quasi-remake grafico “Leisure Suit Larry in the Land of the Lounge Lizards” (anno 1987), realizzato da Al Lowe con l’aiuto dello stesso Benton. Il primo capitolo della saga è considerato la prima avventura grafica per adulti della storia.Il recente “Runaway 2” (2006-2007), durante l’eccezionale secondo atto, possiede una carica umoristica che può in parte essere paragonata a quella dei vari “Larry”. Memorabili in questo senso i dilemmi ‘morali’ del protagonista, l’atmosfera frivolo-balneare e gli scambi con la ‘facile’ e procace Lokelani (sopra l’uscio della sua abitazione si può leggere la scritta ‘Happy Hooker’ incisa su una barca: hooker può riferirsi a un certo tipo di imbarcazione irlandese quanto al più diretto e consono termine di sgualdrina).
Questa tipologia di gioco (probabilmente quella più divertente e che ha regalato titoli migliori dal punto di vista videoludico) è teoricamente adult only, ma in pratica può essere generalmente apprezzata anche dagli adolescenti. Curiosa la ‘protezione’ dei primi capitoli della saga di “Larry”: prima di cominciare, al giocatore veniva obbligatoriamente richiesto di rispondere ad alcune domande di cultura medio-americana per confermare la sua maggiore età (un vero problema per noi italiani!); - Ho lasciato per ultimo la categoria più ovvia ma, sorprendentemente, la meno riscontrabile in campo videoludico, ovvero quella che comprende una giustificata sequenza sexy-erotica in un contesto generalmente lontano da essa. In altre parole, se in ambito letterario, cinematografico e anche fumettistico, una o due sequenze ‘d’amore’ (in una storia dai toni anche seri, avventurosi, d’azione, etc) sono accettate senza alcun problema, per i videogiochi si va incontro – al meglio – alla diffidenza generale e/o – al peggio – alla censura preventiva.
Al di là della questione secondo cui può sembrare quantomeno bizzarro vedere goffi poligoni in 3D scambiarsi effusioni sessuali, il problema è soprattutto culturale.
Infatti, non è raro assistere a nudità o sequenze d’amore nel famoso fumetto “Dylan Dog” di Tiziano Sclavi (praticamente è una prassi), o seguire una scena di sesso più o meno esplicita in “Matrix Reloaded”. La cosa non fa notizia – ci siamo abituati – e generalmente le suddette sequenze sono ben integrate al tono e alla trama dell’opera.Il discorso cambia nel campo dei videogiochi: i casi di sesso utilizzato in maniera non ‘centrale’ si contano infatti sulle dita di una mano.
Un esempio su tutti riguarda l’immancabile reginetta videoludica, Lady Croft in persona, in assoluto una delle icone pop-sexy più incisive dell’ultima generazione. Mai però la si è vista in situazioni realmente erotiche, se escludiamo un paio di fugaci passaggi un po’ più tesi, ma comunque assai lontani dagli standard di altri media. Invece, nelle due trasposizioni filmiche, è bastato un attimo per mettere la controparte cinematografica di Lara, la bella Angelina Jolie, in un contesto più piccante.Appare quindi evidente la difficoltà con la quale i game designer affrontano momenti/intermezzi del genere: quando accade, si può spesso percepire l’imbarazzo, la titubanza e l’indecisione, come se si rischiasse inevitabilmente di scadere nel gratuito.
In effetti, l’approccio è fondamentale. È molto facile cascare nel superfluo o ‘forzato’. In un contesto interattivo, c’è da tenere conto non solo della giusta coesione narrativa, ma anche ludica.
E così può capitare di assistere alla imbarazzante love scene in “Fahrenheit” (Quantic Dream, 2005), in cui il giocatore è chiamato a muovere ritmicamente il mouse per simulare l’atto sessuale: monotono, e per niente coinvolgente o divertente. La sequenza è stata censurata in alcune versioni del gioco, ma adducendo motivazioni ingiuste: era considerata troppo esplicita.
In “Dragon Age: Origins” e in “Mass Effect” (Bioware, 2009 e 2007) le scene d’amore appaiono decontestualizzate, squallide, né sensuali né romantiche, con i protagonisti che fanno sesso in mutande e zoom sulle abbondanti forme ai limiti del caricaturale. Un inserimento dovuto a fini pubblicitari a uso e consumo di un pubblico – prettamente giovane e maschile – incuriosito dagli aspetti più pruriginosi.
“Phantasmagoria” (Sierra, 1995) fece parlare molto di sé per svariati motivi, fra cui la crudezza di alcune sequenze splatter e un paio di scene di natura sessuale. Il lavoro di Roberta Williams vuole essere a tutti i costi fuori dai canoni, ma i tentativi più estremi appaiono spesso grotteschi o, al peggio, involontariamente comici, nonostante la trama agevoli situazioni estreme (perlomeno, quindi, si tratta di momenti giustificati dalla narrazione).
La famosa scena dello stupro in bagno non è esattamente girata da Kubrick ma può risultare accettabile e vagamente disturbante. Ben più inutile, invece, appare la sequenza erotica nell’intro, troppo breve e mal amalgamata.
È errato però addossare tutte le colpe agli autori: i suddetti esempi inducono soprattutto a pensare a un problema di fondo che riguarda il tipo di ricezione da parte del pubblico, decisamente più ‘educato’ a vedere del sesso di primo pomeriggio in tv piuttosto che davanti al PC.
La generale diffidenza verso tematiche di tipo erotico all’interno dei videogiochi è l’emblema della (scarsa) considerazione che riceve il mezzo, soprattutto se comparato ad altri, considerati più maturi e rodati.
L’autore, quindi, si astiene dall’introdurre tematiche considerate adulte per non affrontare annosi problemi di censura, o per evitare di veder puntare i riflettori verso un argomento che nelle intenzioni vuole essere introdotto in modo onesto e funzionale al contesto ludico e narrativo.
Per fortuna, si intravedono i primi incoraggianti segnali di una accettazione del videogioco come vera forma di espressione.
Nel bellissimo “Mafia” (Illusion Softworks, 2002) e anche nel più recente “Broken Sword IV: L’Angelo della Morte” (Revolution Software, 2006) si può assistere a un paio di sequenze di natura sentimental-erotica di discreta fattura, anche se decisamente brevi.
In perfetto stile 007, un momento softcore è possibile riscontrarlo anche in “Largo Winch: Empire Under Threat” (Ubisoft, 2002): inevitabile in una trama ‘bondiana’, qui il sesso appare giustificato ma un po’ goffo (si è comunque visto molto di peggio).
Un esempio migliore può essere trovato in “Grim Fandango” (LucasArts, 1998), in cui la tensione sessuale fra i due protagonisti (degli scheletri!) si può tagliare con un coltello, pur non mostrando praticamente nulla di lontanamente esplicito.
Discorso ugualmente raffinato – sebbene più evidente – si riscontra nella saga di “Gabriel Knight”, nella quale non sono affatto rari dialoghi allusivi e contesti soft-erotici (si pensi per esempio alla riconquista degli istinti primordiali nel secondo gioco), che culminano a metà del terzo episodio (Sierra, 1999) nella splendida sequenza d’amore (prima inquietante, poi romantica) fra i due protagonisti.
Come sempre, tali esempi dimostrano che, più del cosa, è nodale il come si affronta un argomento considerato ‘spinoso’.
Allo stato attuale delle cose non è più necessario ‘rompere gli schemi’, ma gestire tematiche come quelle sessuali con criterio e senso della misura. Solo avvalendosi della giusta dose di tatto, coraggio, creatività – senza dimenticare l’indispensabile aspetto poetico/artistico – è possibile mettere a tacere i numerosi pregiudizi che ruotano attorno al mondo dei videogiochi.
È opinione di chi scrive che il passaggio alla piena maturità del mezzo possa essere oramai raggiunto non attraverso l’ennesima opera ‘di rottura’, atta solo a suscitare scalpore, ma piuttosto con un orientamento più pacato che affronti qualsiasi tematica adulta in modo tale che aiuti la comunicazione del messaggio, senza però prenderne il posto, evitando così di apparire eccessivamente invadente.
La strada, oramai, non è poi così lunga, ma è assai sdrucciolevole. Niente che un approccio maturo e disincantato non possa superare.
Agosto 14, 2013 mercoledì at 12:13 am
Gran bell’articolo; al di là della carrellata fornisci spunti molto interessanti su temi come la censura e lo status attuale del medium videogioco.
Che dire? Anch’io mi dichiaro generalmente contrario a provvedimenti che spesso conducono a risultati paradossali: se ho meno di diciotto anni non devo giocare a San Andreas per via della Hot Coffee, ma posso comunque entrare in libreria e comprare Josephine Mutzenbacher? Ridicolo. Finché al videogioco non verrà riconosciuta la dignità di altre forme d’intrattenimento ed espressione, tuttavia, un’orda di bigotti sarà libera di tagliuzzare e demonizzare. A volte mi chiedo cosa possa condurre a tanta povertà morale (sempre che non si tratti di ipocrisia).
E sì, ho letto di titoli Eroge in grado di far inarcare più di un sopracciglio, e a volte comprendo la necessità di piazzare un bel bollino rosso su alcuni prodotti, ma trovo comunque che in Occidente scalpitiamo per molto meno.