X-Files Game, The

I casi catalogati con la lettera ‘X’ sono quelle indagini irrisolte, bizzarre e apparentemente senza senso che vengono confinate in un angusto cassetto sotto chili di polvere. Nessun detective degno di questo nome, infatti, lavorerebbe mai a investigazioni che riguardano lupi mannari, vampiri, alieni e tutto ciò a cui la scienza non ha potuto o voluto dare uno spiegazione.
Nessuno, tranne lo ‘spettrale’ agente speciale Fox Mulder. Sbattuto dietro a una scrivania in un piccolo scantinato dell’FBI, l’imperturbabile detective dell’assurdo lavora con dedizione a questi ‘X File’, con la ferrea convinzione che il paranormale esista davvero. Per qualche ragione, le sue ricerche finiscono per attirare l’attenzione delle alte sfere che, per timore che possa scoprire risvolti scomodi in cui è implicato il governo, gli affiancano la rigida dottoressa Dana Scully auspicando segretamente che la donna riesca a screditare il lavoro del giovane agente. I due però finiscono per unirsi e lavorare insieme e, con i loro personali punti di vista, precisi ma opposti, danno vita a una delle serie tv più intelligenti e ispirate di sempre: “X-Files”.
L’impareggiabile miscela di fantastico, mistero e rigore scientifico, insieme alle intricate ed emozionanti vicende personali dei personaggi, hanno fatto del serial di Chris Carter uno degli show più innovativi e imitati della storia, che ha lanciato un vero e proprio trend riguardante cospirazioni governative e un esercito di alieni grigi dagli occhi a mandorla. Al culmine del successo, nel 1998, la Fox commissionò all’Hyperbole Studios il compito di realizzare un tie-in della serie che rispettasse i punti di forza e la mitologia del mondo in cui si muove il duo di singolari agenti.

Mulder e Scully nell'introduzione. I due incoscienti stanno per infilarsi in un bel guaio, e sarà compito di Craig tirarli fuori dai guai.

Si impersona Craig Willmore, un cinico agente dagli occhi perennemente sgranati a cui è stata affidata una missione solo apparentemente semplice: ritrovare proprio Mulder e Scully, scomparsi in seguito a un sopralluogo in un magazzino. Con l’aiuto prima del vicedirettore Skinner in persona, e poi dell’intraprendente investigatrice locale, Mary Astadourian, Craig scoprirà che dietro la sparizione della coppia di agenti speciali si maschera un contrabbando di plutonio e, forse, anche qualcosa che ha a che vedere con entità extraterrestri. Sia Craig che Mary sembrano rifiutare questa ipotesi, ma allora com’è possibile che un intero equipaggio sia stato carbonizzato senza alcun incendio? E perché alcuni agenti governativi spiano giorno e notte le mosse dei due? Non c’è dubbio: che piaccia o meno, si tratta decisamente di un ‘x-file’.

Skinner e il capitano Shanks attendono pazientemente le domande sul caso.

Già autori di “Quantum Gate” e seguito, Greg Roach e la sua Hyperbole scelgono per “The X-Files Game” la già rodata struttura del ‘film interattivo’ realizzata con l’ausilio del ‘VirtualCinema’, tecnologia grafica creata per l’occasione e brevettata dalla software house stessa.
La qualità dei video è, fino a quel momento, la migliore mai vista, grazie a un’eccellente definizione e fluidità derivate da una compressione efficace, e sia la recitazione che le scenografie (tutte reali – niente blue screen e sfondi digitalizzati) risultano degne di una produzione televisiva.
Entrando nel dettaglio, il gioco è ambientato a cavallo fra la terza e la quarta stagione (periodo che coincide, più o meno, con il picco qualitativo raggiunto dal serial). Pur senza stravolgere la trama di base della serie o rivelare inediti particolari, la storia è a tutti gli effetti considerata ‘canone’ all’interno della continuity xfilesiana (per i fan: siete avvisati! Vi tocca giocare per essere realmente definiti dei veri philes!). Da un certo punto in poi, infatti, la storyline riprende una delle sottotrame dell’intricatissima ‘mitologia’, ovvero quella relativa al ‘cancro nero’: trattasi di un particolare parassita alieno che, al primo stadio della sua evoluzione, è capace di penetrare all’interno di un corpo umano e prenderne totalmente il controllo. D’altra parte, sembra che l’idea originale provenga da Carter stesso (supervisionata dal suo storico collaboratore Frank Spotnitz), sebbene nei crediti Roach appaia come sceneggiatore principale (nonché designer e regista unico).

Il PDA farà il paio con il computer dell'FBI: tante belle funzioni ma poco utili, a parte la mappa delle varie locazioni.

Ambientata e girata a Seattle con l’ausilio della troupe ufficiale di Vancouver (le prime stagioni della serie sono infatti state filmate in Canada), la ‘pellicola’ è chiaramente sostenuta da un budget superiore alla media delle altre produzioni di questo tipo. Ciononostante, a causa del montaggio decisamente migliorabile e di effetti sonori troppo invadenti e non sempre ben piazzati, “The X-Files Game” sembra un po’ una versione povera e raffazzonata di una puntata classica di “X-Files”: ciò accade a dispetto del fatto che si cerchi in tutti i modi di sbandierare clichè e situazioni della serie originale, a cominciare dal reclutamento di tutti gli attori principali dello show, protagonisti di almeno una breve comparsata (il vice direttore Skinner, l’informatore Mister X, il trio dei Pistoleri Solitari). Inoltre, si è riempito il gioco di montagne di citazioni e rimandi alla serie (la Bibbia di Scully sul comodino, le bucce dei semi di girasole lasciati da Mulder, i Keystone Cops in loop in tv, la pubblicità dell’esibizione del gorilla Sophia e moltissimo altro), anche nella scelta dei nomi (‘Mary Astadourian’ è il nome della vera assistente di Carter; il pescatore cinese, ‘James Wong’, porta il nome di uno dei maggiori scrittori/registi del telefilm), che possono far andare in visibilio il fan e arricchire indiscutibilmente il ‘feeling’ con la serie ma, per contro, rischiano di voler richiamare a tutti i costi l’originale anche quando sarebbe necessaria un’impronta più personale.
Se il montaggio rovina un tantino una regia di per sé non eccezionale, comunque, l’ottima fotografia cerca di bilanciare il tutto, regalando immagini molto vicine a quelle viste in tv.

Al posto del tepore di un camino, c'è il calore di un edificio in fiamme, ma per quel tacchino di Craig non c'è differenza: il momento è buono per provarci con la bella Mary. Forse.

La prova degli attori è molto buona, e contribuisce alla resa generale dei personaggi: divertente e simpatico il personaggio di Mary (l’attrice aveva già partecipato a “Quantum Gate”), e molto ambiguo quello di Mark Cook; un po’ meno bene ne esce il protagonista, bloccato sulla solita espressione irriverente. Naturalmente, gli attori ‘noti’ si comportano tutti con professionalità e alzano il livello recitativo generale.
C’è però da sottolineare che gli immortali Mulder e Scully compaiono molto poco durante tutta l’avventura (giusto nell’intro e nelle ultime 2/3 ore), benchè vengano menzionati praticamente per tutto il tempo. La scarsa presenza dei due attori (David Duchovny e Gillian Anderson) è, comprensibilmente, necessaria a non innalzare ulteriormente il budget; oltre a ciò, i due erano probabilmente impegnati sul set del film basato sulla serie stessa, “Fight the Future”. In un certo senso, comunque, centellinare la presenza della coppia rende la loro figura più carismatica rispetto a quanto avrebbe potuto essere se avessero assunto il ruolo di balia per tutto il tempo.

Ammirate il mio autocontrollo che ha fatto sì che non ricoprissi l'articolo di foto del mio personaggio femminile preferito in assoluto. Però un primo piano mi è comunque scappato: ha anche un bel visetto, no? In questa scena è presente un simpatico easter egg.

L’intreccio è abbastanza classico: dopo una prima metà investigativa, infatti, compare la componente sovrannaturale alla “X-Files”. La storia è raccontata piuttosto bene, anche se non appassiona più di tanto. Peccato però che si velocizzi eccessivamente verso il finale, lasciando una sensazione di incompiuto e diversi punti interrogativi, risolti grossolanamente con un breve dialogo nel prefinale.
Non è presente quindi un vero e proprio punto di ebollizione, e non basta il piccolo contentino regalato al giocatore (le interazioni di Craig con Mulder e Scully) per risollevare il tutto.

La colonna sonora di “The X-Files Game” è un mix di brani composti dall’autore originale, Mark Snow, e di altri realizzati ex novo da un musicista interno. Il risultato non è dei migliori, e le musiche spesso non fanno che sopperire alla scarsezza di effetti sonori.
Ottimo invece il doppiaggio italiano, che non solo conta sulle voci ufficiali dei personaggi della serie, ma anche su un’impeccabile recitazione vocale da parte dei nuovi character. Qualche sbavatura, invece, si riscontra nell’adattamento dei testi.

Gli uffici dell'FBI sono una delle locazioni fondamentali. L'icona luminosa in alto a destra rappresenta l'attivazione dell'hint.

Molte le riserve circa l’aspetto ludico: “The X-Files Game” è chiaramente pensato per un pubblico di massa e, in particolare, per i fan della serie, ragion per cui il titolo non propone niente di particolarmente elaborato od originale dal punto di vista del gameplay.
Con l’ausilio di una semplice interfaccia (puntatore intelligente, inventario in basso) ci si muove attraverso una visuale in soggettiva lungo una serie di ‘fotografie’ che rappresentano le locazioni. Ed ecco il primo problema: purtroppo non sempre la rotazione del personaggio è di 90 gradi – spesso capita di voltarsi di 180 gradi, il che mina enormemente il senso dell’orientamento. Inoltre, la collocazione delle foto/locazioni non è perfetta, ed è molto facile per il giocatore perdersi, girare in tondo o rivedere all’infinito lo stesso ambiente poiché non c’è stato modo di scorgere l’entrata verso una nuova locazione, o una scala da percorrere, o un piccolo anfratto da esaminare.
Non è certo un problema di poco conto, poiché gran parte degli enigmi richiede una minuziosa ricerca del punto giusto su cui cliccare, spesso inerente a qualche indizio (una pallottola, una sigaretta) poco in vista. A questo viene in soccorso un sistema di hint discretamente realizzato, che al primo click indica la direzione giusta senza svelare l’azione, e al secondo la mostra più chiaramente, fino a compierla automaticamente.
In ogni caso, la sovrabbondanza di dettagli ininfluenti (decine di zoommate e molte locazioni) arricchiscono il mondo di gioco e il background generale, ma riescono anche a confondere anche lo spaesato giocatore.

A parte ciò, non sono proposti enigmi particolari. La vera sfida consiste, fondamentalmente, nel proseguire le indagini ‘restando vivi’: il game over è infatti rappresentato spesso dalla morte del protagonista, ma anche da ending alternativi, come il fallimento dell’investigazione o un finale sbagliato (la morte di Mulder e/o Scully, per esempio). Purtroppo solo in alcune occasioni il programma permette di riprendere il gioco prima del passo fatale: nel resto dei casi è necessario ricaricare una partita già salvata e, con i soli tre slot disponibile per i save, la cosa può diventare un problema.

Un esempio di dialogo a scelta: in questo caso, dovremo settare il nostro tono umorale. C'è anche da dire che Mark non asseconda comportamenti gentili.

Il giocatore, inoltre, è  chiamato a dire la sua durante i dialoghi (molti dei quali seguono la struttura a ‘bivi’) e a fare altre piccole scelte che, se errate, possono portare alla fine prematura della storia.
L’aspetto interattivo della sceneggiatura è proprio la componente più qualificante dell’avventura: pur possedendo un unico finale considerato ‘corretto’, l’avventura è ricca di piccole scelte (relative anche all’umore assunto da Craig nei confronti dei suoi interlocutori) che modificano effettivamente alcuni momenti più o meno marginali (anche piuttosto distanziati nel tempo). Il montaggio poco curato nasce appunto dalla necessità di unire i vari pezzi di video in modo da adattarsi alle scelte intraprese. Purtroppo però le modifiche alla storia sono davvero minime e, in definitiva, questa funzionalità non influenza particolarmente il gameplay nè aumenta davvero la rigiocabilità.

Ciò che davvero fa pensare a “The X-Files Game” come un’occasione mancata si presenta fin dalle prime battute: dopo circa dieci minuti di gioco, infatti, il buon Craig entrerà in possesso del ‘kit del perfetto detective’, ovvero di strumenti investigativi che possono tornare utili nella sua indagine. Oltre a ciò, gli sarà fornito accesso completo al database dell’FBI più la facoltà di effettuare ricerche e spedire e-mail dal suo computer. Entrambi i mezzi fanno presagire enigmi ad hoc, ma in realtà vengono usati poco e male. Se infatti è concesso ‘bullarsi’ della pistola d’ordinanza in ogni dove, comprese alcune sequenze arcade obbligatorie (niente di troppo ostico, comunque), altri strumenti risultano invece del tutto superflui ai fini del proseguimento, e il loro utilizzo conduce solo a grossi buchi nell’acqua. Altri, invece, sono realmente efficaci una o al massimo due volte.

La classica visita all'obitorio: nel gioco è presente più di una scena impressionante, nello spirito della serie.

Un fan di “X-Files” può certamente apprezzare le numerose ammiccate ai fedelissimi, ma è bene chiarire che il gioco non è del tutto riuscito. Non è una licenza completamente sprecata, sia chiaro, però è evidente come il titolo sarebbe potuto essere migliore sotto molti punti di vista, uno su tutti l’aspetto ludico vero e proprio: si sarebbe fatto volentieri a meno di qualche dettaglio dedicato agli aficionados della serie in favore di una giocabilità più studiata e meno dispersiva.
Poca convinzione in alcuni reparti e una scarsa empatia fra il giocatore e le vicende dei personaggi completano il quadro. Però è davvero difficile resistere alla tentazione di vivere un’avventura con Mulder e Scully.

     

La citazione:
Astadourian: Funziona il videoregistratore? Ehy, ma non lampeggia sulle 0:00! Complimenti, mi piace l’uomo che non teme la tecnologia!

 

Nota: Segnalo un link in cui sono elencati parte dei numerosissimi ‘segreti’ ed easter egg del gioco.
Menzione d’onore per l’ingombrante ma incisiva custodia boxed, con tanto di CD (ben 7) infilati in eleganti custodie all’interno di un cofanetto ad hoc, che tradisce ancora lo sforzo economico mediamente alto della produzione.

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Categories: videogiochi

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