Another Code: Two Memories

Per mostrare le potenzialità di una tecnologia, spesso vengono editi titoli dimostrativi utili a dare al pubblico un’idea più o meno precisa di ciò che è possibile fare.
Il titolo preso in esame sembra proprio appartenere a questa categoria: prima avventura grafica indirizzata esclusivamente ai possessori di Nintendo DS, è studiata proprio per sfruttare al massimo le qualità e l’interfaccia della piccola console nipponica. Proprio da questi intenti derivano i suoi pregi e parte dei difetti.

 

 

Gli ultimi momenti sulla barca per l'isola Blood Edward saranno carichi di aspettativa per la giovane Ashley.

Another Code: Two Memories” (2005, conosciuto come “Trace Memories” negli USA e tradotto in italiano in “Another Code: Due Memorie”) è la seconda avventura realizzata dalla Cing (la prima, “Glass Rose”, era stata edita l’anno precedente unicamente per PS2 sotto etichetta Capcom): diretta da Taisuke Kanasaki (che ha anche lavorato allo stile manga dei personaggi), la storia mette il giocatore nei panni di Ashley, una giovane di circa 14 anni dal passato confuso e misterioso.
Durante i primi minuti si osserva la ragazzina in compagnia della zia Jessica in procinto di approdare sull’isola Blood Edward: l’obiettivo è incontrare il padre, creduto morto fino a quel momento. Giunta sulla terraferma, Ashley scopre che il genitore non è ad attenderla come previsto, cosi Jessica decide di andarlo a cercare. Vedendo tardare la zia, ad Ashley non resta che indagare per conto suo, penetrando all’interno della magione degli Edward, vecchi occupanti dell’isola, e cercando nel frattempo di rispondere alle molte domande sul padre, di cui ha ricordi molto sbiaditi risalenti all’età di tre anni. Avrà al suo fianco il fantasma di un bambino, che chiamerà ‘D’: legato in qualche modo agli Edward, anche il piccolo ectoplasma non ricorda nulla della sua vita ‘terrena’. Ashley dovrà quindi farsi largo fra i meandri cupi del suo stesso passato e di quello di D (le ‘due memorie’ del titolo), cercando a poco a poco di rammentare gli avvenimenti salienti delle rispettive vite.
Può un misterioso congegno ideato dal padre di Ashley aiutare infine a recuperare la memoria, o è solo nell’intimità del suo cuore che la ragazzina riuscirà a richiamare i ricordi più veri?

Un enigma che sfrutta l'interfaccia: grazie alla stilo, si può portare alla luce il messaggio nascosto.

“Another Code” è, come già accennato, una sorta di sintesi di ciò che la console Nintendo è in grado di offrire. In questo, è bene dirlo, è quasi sorprendente.
Infatti, accanto a classici enigmi dialogati o composti dall’utilizzo di oggetti, si affrontano una numerosa serie di puzzle ‘alternativi’ che non si limitano al semplice uso del touch screen (non manca, purtroppo, il ‘gioco dei 15’), ma sfruttano ogni singola particolarità della console, dal microfono alla retro-illuminazione. Ciò che stupisce non è la genialità dell’enigma in sé, ma il modo creativo in cui si manipola la console per affrontarlo.
Per contro, i problemi proposti appaiono tutt’altro che ardui: se quelli tradizionali restano irrimediabilmente semplici, per quelli alternativi invece la sfida consiste sostanzialmente nell’intuire il modo giusto di sfruttare l’interfaccia del DS. In altre parole la difficoltà resta a livelli minimi, e i succitati guizzi (che in ogni caso costituiscono solo una parte molto ridotta dell’avventura), appaiono presto molto fini a loro stessi, nonostante l’iniziale ‘effetto meraviglia’. Ciò che davvero manca al game design di Rika Suzuki non è quindi l’inventiva o la varietà, ma una complessità tale da tenere a livelli accettabili il grado di sfida e l’interesse.

I dialoghi a scelta multipla sono gestiti in modo classico, benchè non sia possibile in alcun modo modificare parte della trama.

Parlando più in generale, a parte combinare oggetti e sbloccare ricordi, non c’è molto da fare, poiché il percorso è praticamente obbligato e la struttura non concede diramazioni vere e proprie.
Molto bassa la longevità: circa sei ore di gioco (neanche particolarmente ‘pregne’), teoricamente completabili anche in una sola giornata.

Non aiuta in questo senso la trama, fondamentalmente costituita dai tentativi di Ashley e di D di recuperare i propri ricordi: sembra infatti che la storia sia raccontata con eccessiva intensità, come a voler ribadire ogni secondo che si tratta di un intreccio dal sapore malinconico. I dialoghi, prolissi e spesso ripetitivi, sono interrotti troppo raramente da uno humor che al massimo scatena briciole di tenerezza. La tendenza al dramma a tutti i costi è enfatizzata inoltre dagli scambi di battute dei due protagonisti, sempre orientati a ribadire l’approccio profondo e spirituale della narrazione. Il meccanismo viene smascherato dopo poco, e i momenti vagamente emozionanti si possono contare sulle dita di una mano.
È davvero un peccato che la sceneggiatura si assesti su livelli così anonimi, poiché il soggetto, in realtà, affronta un tema molto interessante, basato sull’importanza dei ricordi più importanti e genuini: un concept veramente stimolante che purtroppo svela il suo vero potenziale solo durante le ultime battute dell’intreccio.
Può inoltre capitare che il giocatore ‘anticipi’ le rivelazioni e i colpi di scena della trama ‘prima’ di Ashley stessa, perdendo quindi l’immedesimazione con la protagonista.

Sullo schermo superiore appare l'immagine in soggettiva di ciò che Ashley vede secondo il punto in cui si trova (visibile in basso). Quel piccolo essere fluttuante azzurro è D, il nostro compagno d'avventura.

Al termine di ogni capitolo, il gioco richiede di fare mente locale sulla vicende a cui si è appena assistito, ponendo alcune domande di riepilogo utili a fissare gli elementi cruciali della storia. Benchè un errore non porti conseguenze di alcun tipo, la suddetta introduzione è sicuramente gradita e – fattore da non sottovalutare – coerente con il tono dell’avventura.
Inoltre, completando il mosaico dell’oscuro passato di D (analizzando alcuni oggetti chiave sparsi nella villa degli Edward), si ottiene un piccolo ‘bonus’ sul finale (una sorta di ending alternativo).

Graficamente, il titolo della Cing si mostra accettabile: sullo schermo in basso appare la visuale ‘a volo d’uccello’ sulla protagonista (una prospettiva usata raramente nelle avventure), totalmente in 3D; lo schermo superiore è invece occupato da un’immagine in soggettiva della zona che si sta esplorando. L’interfaccia grafica è molto intuitiva, anche se rischia di essere un po’ macchinosa a causa dei vari sottomenu.
Il resto dell’avventura (dialoghi e cutscene) è rappresentato attraverso il classico stile manga, corredato da poche ma funzionali animazioni. Generalmente, la resa grafica è discreta ma di certo non spettacolare né particolarmente inventiva.
Pollice verso per il sonoro, composto da effetti sonori di routine e da una colonna sonora digitalizzata un tantinello ridondante e fastidiosa, nonché qualitativamente non eccelsa.

Un enigma classico: ricomporre dei pezzi, come in un puzzle. Solo che con il touch screen è molto più divertente!

Another Code: Two Memories” rappresenta una sorta di esempio di come sia possibile realizzare un’avventura grafica alternativa. Esaltante per l’utilizzo innovativo e sperimentale della console portatile, è purtroppo più spesso zoppicante per quanto riguarda la profondità dell’esperienza globale.
Resta comunque molto interessante per aver mostrato le particolari virtù dell’hardware in modo semplice e diretto.

     

La citazione:
D: Nessuno si ricorda di me, neanche io.

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Categories: videogiochi

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