Simon the Sorcerer: L’Invasione degli Extraterrestri

Spaparanzato sulla poltrona a trangugiare ininterrottamente tranci di pizza, il giovane mago Simon sembra aver accettato –  a suo modo – la sua permanenza all’interno del Mondo Magico.
Accade però che un gruppo di extraterrestri, provvisti di armi letali e pellaccia verdognola, invadano il suo villaggio prendendo come prigioniera la povera Alyx, storico interesse sentimentale del nostro eroe. Simon si rimbocca quindi le maniche e riveste nuovamente i panni del salvatore del mondo, anche perché una fazione misteriosa costituita da Talpe gli ha sequestrato l’imprescindibile cappello magico…

Rompere il ghiaccio dopo un episodio detestato dai fan (in parte ingiustamente) non era facile, ma i tedeschi Silver Style, così lontani dal piglio inglese dei fratelli Woodroffe, erano riusciti a far ripartire la serie con un titolo non certo riuscitissimo ma con una sua dignità. L’esperienza maturata e un forte restyling grafico sembravano quindi prospettare una strada in discesa, ma il team germanico, nuovamente capeggiato da Carsten Strehse, ha dimenticato purtroppo l’ingrediente fondamentale di ogni produzione che si rispetti: l’ispirazione.

Simon, novello Gandalf, cerca di ravvivare la festa facendo esplodere tutto. Alle sue spalle, il cameo ectoplasmatico del mago Calypso.

Simon the Sorcerer: L’Invasione degli Extraterrestri” (all’estero conosciuto come “Simon the Sorcerer: Who’d Even Want Contact?!”) è un quinto episodio che sa di superfluo: troppo lungo, troppo verboso, troppo stiracchiato, frutto di un progetto chiaramente confezionato a tavolino senza alcuna fiamma creativa.
Partiamo dal soggetto. Non c’è da scandalizzarsi se l’elemento fantascientifico sembra stonare con l’atmosfera fantasy (a dire il vero venature cyberpunk erano già state inserite nel terzo episodio), ma proprio non si può perdonare il banalissimo plot: gli alieni del titolo si limitano a essere i villain del gioco senza una vera e propria motivazione narrativa, senza una figura carismatica di riferimento, senza generare gag o sorrisi. Il nostro Simon non è poi che una pallida ombra dello scorrettissimo personaggio conosciuto negli altri episodi: le sue reazioni si dimostrano prevedibili, le battute scialbe, la sua ‘cattiveria’ quasi del tutto scomparsa. Conseguenza inevitabile, la sceneggiatura procede stancamente fino a un finale che tenta un disperato colpo di coda con un piccolo twist e un paio di rivelazioni, ma è troppo tardi.

Il gioco abbonda di citazioni pop, come quelle di "Men in Black", "Pirati dei Caraibi" e "Star Wars".

Oltre al protagonista e ai cattivi di turno, gli autori danno prova di gestire male anche il resto dei personaggi, pur potendo attingere dalla ricca gamma ereditata dagli episodi precedenti. Dimenticati del tutto Sordid (già assente nel quarto capitolo) e la coppia di demoni pasticcioni, “L’Invasione degli Extraterrestri” riduce a una mera comparsata alcuni personaggi ricorrenti (i poveri Calypso e Alyx), condannando però altri (il solito Paludoso, la pestifera Cappuccetto Rosso) a una tediosa sovraesposizione non giustificata da evoluzioni nelle personalità o concrete necessità narrative. Dimenticabili le new entry.
Una serie apparentemente illimitata di dialoghi senza alcun estro palesano poi una scrittura annoiata (complessivamente peggiore di quella riscontrata in “Chaos Happens”) che può contare su pochissime battute degne di nota. Non pervenute le gustose parodie delle fiabe o dell’universo fantasy in generale (qui praticamente assenti): fin troppo presente, invece, l’usuale caterva di banali riferimenti starwarsiani, spiattellati con poca eleganza nelle sequenze più sci-fi: yawn.

L'utilizzo eccessivo del petulante Paludoso è del tutto immotivato: oltre a cucinare il suo stufato (con il conseguente strascico di solite gag) non fa altro.

La carenza di idee si manifesta in tutta la sua potenza perfino nell’infinito post-finale, in cui si assiste alle immancabili ‘scene tagliate’, alla descrizione dei destini dei personaggi in una lunghissima e assolutamente non necessaria passerella, e perfino alla sfacciata replica della famosa battuta “Il gioco è finito, ora spegni il computer” di lucasiana memoria.
Per fortuna però siamo lontani dai tremendi adattamenti dei due episodi precedenti, e perlomeno il gioco risulta comprensibile grazie a una traduzione oculata e a un doppiaggio (discretamente recitato, se si escludono voci – come quella di Paludoso – eccessivamente fastidiose) rimasto completamente in inglese (ma è inutile cercare cadenze british nel nostro Simon: non ce ne sono). Infine, le musiche risultano discrete ma di numero troppo esiguo e mal inserite all’interno del contesto compassato dell’avventura.

Dov'è che l'ho già vista quella?

Dal punto di vista degli enigmi, ci si trova di fronte a un game design di routine che segue la formula classica senza infamia e senza lode, con qualche sporadico momento più riuscito di altri (come il reclutamento di Simon e del Lupo Cattivo come membri dell’equipaggio). Decisamente perfezionato il buon sistema di hint, che riduce al minimo le frustrazioni sebbene a volte rischi di ‘anticipare’ qualcosa che non si è ancora visto. Da segnalare anche che, contrariamente a quanto avvenuto in “Chaos Happens”, i Silver Style non si sono avvalsi della consulenza degli autori originali, Mike e Simon Woodroffe.
La vera novità dell’avventura è però costituita dall’aspetto grafico in cel-shading, finalmente convincente per la prima volta dopo i primi due episodi originali. Cambi di inquadratura durante i dialoghi, zoomate, animazioni varie e contestualizzate alle scene (peccato però per l’inespressività dei modelli dei personaggi) e un ottimo sistema di illuminazione regalano diverse immagini di impatto, nonostante si senta un po’ la mancanza di cutscene vere e proprie che spezzino il ritmo e appaghino il giocatore dopo una lunga sequenza di enigmi: “L’Invasione degli Extraterresti” sembra aver insomma indovinato il giusto look grafico per la serie, a dispetto di una generale scarsezza di personalità.

Il tradizionale cambio di location alla fine dell'episodio è questa volta costituito dall'interno fantascientifico di una stazione spaziale. Durante questi momenti si controlla direttamente il personaggio del Lupo Cattivo in una sezione dal gameplay alternativo.

Farsi cogliere da nostalgia è praticamente inevitabile nel caso di “Simon the Sorcerer: L’Invasione degli Extraterrestri”: il quinto capitolo dell’ex irriverente mago è un titolo terribilmente noioso senza alcuna traccia della verve dei giochi originali, un triste commiato di una serie il cui sviluppo avrebbe probabilmente dovuto proseguire solo all’interno dei confini di Albione.

     

La citazione:
Capo Talpa: Hanno rapito la tua ragazza.
Simon: Mmm. Beh, non è che sia stata molto carina con me, ultimamente… d’altra parte, se non la salvassi, dovrei lavarmi da solo d’ora in poi… e non posso permetterlo! Nessuno può rapire la mia ragazza e cavarsela così! Nihoniani – preparatevi!

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Categories: videogiochi

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