Shadow of the Comet [Call of Cthulhu]
1910. Un fotografo inglese di nome John Parker viene spedito in una strana e un po’ spettrale cittadina, Illsmouth (riferimento a Innsmouth, il villaggio costiero inventato da Lovecraft nei suoi racconti), per immortalare il passaggio della famosa cometa di Halley (la cometa che prende il nome dal suo scopritore, Edmond Halley: alcuni di noi hanno probabilmente potuto scorgerla durante il suo ultimo passaggio vicino alla Terra, nell’anno 1986).
Giunto in città e fatto conoscenza con i tanti personaggi del posto, John scopre che durante l’ultimo passaggio della cometa, nel 1835, un certo Lord Boleskine aveva appreso che Illsmouth fosse il posto perfetto per osservarla. Qualcosa però andò storto e il Lord finì per passare il resto dei suoi giorni in un manicomio. Dopo qualche ricerca, John apprende che la cometa è in qualche modo legata al ritorno di uno dei Grandi Antichi narrati da Lovecraft, ovvero il terribile Cthulhu in persona, e che alcune delle famiglie più influenti e pericolose di Illsmouth, guidate dal potente indiano Narackamous, ne sono direttamente coinvolte. Nonostante i suoi problemi di salute, John è costretto suo malgrado a scavare più in fondo e scoprire come fare per fermare tale evento: sia i Grandi Antichi che gli Dei Esterni come Yog Sothoth e Nyarlathotep (anch’essi coinvolti) non sono noti per la loro benevolenza…
“Shadow of the Comet”, ribattezzato in seguito “Call of Cthulhu: Shadow of Comet” con il benestare della Chaosium, storica casa che detiene i diritti sul gioco di ruolo chiamato, appunto, “Call of Cthulhu” (basato sulla complessa mitologia horror/fantascientifica creata dallo scrittore americano H.P. Lovecraft), è stato edito nel 1993 e poi ripubblicato nella versione CD con voci digitalizzate.
La mitologia di Lovecraft – condivisa anche dall’indimenticato “Alone in the Dark”, realizzato dalla Infogrames stessa (1992) – è ottimamente messa al servizio di un plot tutto sommato piuttosto classico in cui il background e l’incredibile atmosfera rappresentano i principali punti di forza. In particolare, l’opprimente ambiente di Illsmouth, popolato da un gran numero di personaggi ambigui e pericolosi, riesce perfettamente a trasmettere la giusta tensione, e ben presto si scopre come la vita di John sia a rischio anche durante un’apparentemente innocua chiacchierata per strada, o incontrando la persona sbagliata al momento sbagliato. Non siamo, per fortuna, dalle parti del delirante “Eternam” (1992), ma in “Shadow of the Comet” le possibilità di mettersi nei guai non mancano affatto.
I buoni effetti sonori ambientali (abbinati a musiche d’atmosfera) e la perenne vulnerabilità del protagonista, malato di cuore e quindi concretamente in pericolo, affiancano un mood generale particolarmente efficace (a tratti l’avventura riesce a essere realmente terrorizzante).
John rappresenta un discreto personaggio, un ‘eroe per caso’ sufficientemente credibile e non forzatamente sarcastico. I comprimari avvalorano molto bene quella che è un po’ la regola non scritta del gioco, quel ‘trust no one’ da tenere assolutamente a mente se si vuole sopravvivere a Illsmouth.
Da segnalare anche il curioso cameo del ‘Necronomicon’, il libro (fittizio?) citato più volte nelle opere di Lovecraft e che Parker consulterà brevemente durante le sue indagini.
La narrazione, in effetti, riesce a tenere in piedi da sola un titolo afflitto da diversi problemi.
Innanzitutto, come retaggio dello strambo “Eternam”, i programmatori hanno calcato un po’ troppo la mano sulla possibilità del giocatore di mettersi in guai irreparabili. Generalmente, prima di compiere l’azione fatale, si viene messi in guardia (spesso in modo sibillino), ma ciò non accade per niente durante una lunga sequenza labirintica/arcade presente a ¾ dell’avventura, peraltro replicata diverse volte in seguito. Obbligare il giocatore a tenere l’attenzione sempre elevata fa parte del gioco, ma tale espediente sconfina nel gratuito in diverse occasioni, come quando si è uccisi dopo aver declinato un banale invito a cena o perché un semplice ragno è passato accanto al protagonista. Un po’ d’azione è presente in diversi punti, anche se non sono richieste abilità particolari per superare le sequenze arcade. Eliminate, per fortuna, le deliranti sequenze in prima persona di “Eternam” e non accadrà di ritrovarsi in mezzo a scontri a fuoco stile “Alone in the Dark”: in “Shadow of the Comet” l’ago punta decisamente verso l’avventura grafica pura, e la componente arcade, che appare sottoforma di fughe improvvise, sequenze a tempo, elusioni di trappole e altro, è ben bilanciata, ottenendo un compromesso più che accettabile.
Interessante e ben concepito il sistema che permette ai personaggi non giocabili di ‘vivere una vita propria’, muovendosi e gironzolando con un certo criterio: è infatti possibile sia incontrarli per caso in strada che pedinarli. In realtà, la tecnica è perlopiù precalcolata, ma funziona complessivamente meglio rispetto al pubblicizzato Virtual Theatre della Revolution (inaugurato in “Lure of the Temptress”).
La struttura degli enigmi veri e propri, comunque, non è particolarmente riuscita: i puzzle appaiono mediamente ostici (alcuni molto più di altri), anche se generalmente ben costruiti: ciò che rende “Shadow of the Comet” ad alto rischio frustrazione, però, sono i numerosi vicoli ciechi, frutto di un game design non eccelso che costringe il giocatore a trovare la via giusta fra decine di ostacoli fatali e una certa dispersività nell’esplorazione (le locazioni sono disponibili fin dal principio).
Non aiuta per niente l’interfaccia (anch’essa ereditata da “Eternam”), gestibile totalmente via tastiera, alla quale è affidato sia il controllo diretto del personaggio che l’utilizzo delle icone (parla, prendi, usa, inventario, opzioni) richiamabili col tasto TAB (per fortuna esistono delle shortcut utilizzando il tasto appropriato all’azione desiderata).
L’oggettiva difficoltà nel gestire l’interfaccia ha indotto un mezzo passo indietro: infatti, nella riedizione su CD-ROM è stato aggiunto il controllo dell’azione anche da mouse, ma il suo utilizzo, non inizialmente previsto, è assai difficoltoso in quasi tutte le circostanze.
Veramente fastidiosa e incomprensibile, infine, l’impossibilità di saltare le singole battute durante i lentissimi dialoghi.
Buona invece la veste grafica, indispensabile per rendere con successo la particolarissima atmosfera del titolo (ottimamente riuscite le sezioni notturne); pregevolissimi primi piani e brevi cutscene realizzate con uno stile cartoon regalano un deciso e piacevole tocco cinematografico.
La versione su CD si avvale anche di un parlato digitalizzato in inglese (è presente un non eccelso adattamento in italiano dei testi), per fortuna di fattura apprezzabile nonostante il rischio di suonare ridicolo e falso durante le numerose urla e formule esoteriche.
“Shadow of the Comet” rappresenta un buon esempio di licenza sapientemente sfruttata. La scelta di rendere il gameplay inaccessibile per un avventuriero alle prime armi rappresenta il più grosso difetto di un’avventura estremamente interessante.
La citazione:
(dal Necronomicon)
Gli Antichi furono, gli Antichi sono, gli Antichi saranno. Yog Sothoth conosce la porta, Yog Sothoth è la porta, Yog Sothoth è il guardiano e la chiave della porta. Per scongiurarlo, all’ora stabilita porsi al centro del cerchio. ‘Ygnaiih thfthkh ngha Yog Sothoth’. Scongiurare per tre volte. La luce sarà, la porta si chiuderà.
Nota: Nessun problema nel far girare “Shadow of the Comet” su Dosbox. Consiglio comunque di settare ad un numero basso i ‘cicli’ della CPU in modo tale che il gioco non sia eccessivamente veloce durante le cutscene.
Gennaio 7, 2013 lunedì at 4:17 pm
Mi trovo qui grazie alla segnalazione durante l’ultimo episodio di Calavera Cafè… Che dire? Il blog è notevole e le analisi approfondite, tornerò sicuramente a leggere altri post nei prossimi giorni!
Riguardo a questo Shadow of the Comet, è possibile giocarci su un pc moderno, ad esempio con Scumm?
Ciao :), l’ho scritto nelle note: con DosBox gira tutto bene (per ora il gioco non è supportato da ScummVM).
Ah, mi era sfuggito. Ottimo, grazie mille!