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The Secret of Monkey Island


E' difficile giudicare quella che forse è l'avventura grafica per eccellenza, la pietra miliare che incarna secondo molti il vero spirito del divertimento videoludico. Ma si può dire subito, senza timore, che “The Secret of Monkey Island” (1990, prodotto e distribuito dalla Lucasfilm Games) meriti la reputazione che ha guadagnato nel tempo.

L'immedesimazione è veloce: impersoniamo un giovane intraprendente, Guybrush Threepwood, icona del ragazzino pieno di sogni e dallo spiccato spirito di avventura, ma un po' bacchettone e irrimediabilmente goffo. E' subito simpatico. Il nostro Guybrush, non si sa come né perché, approda su un'isola dei Caraibi - Melèe Island - con il fermo obbiettivo di diventare un pirata. Sul posto incontra il Governatore Marley, destinata a diventare l'irraggiungibile sogno romantico del ragazzo, e anche la sua futura nemesi, il terribile Pirata Fantasma LeChuck e la sua ciurma di fantasmi. In seguito al rapimento del Governatore da parte di LeChuck in persona, Guybrush decide di salpare verso la leggendaria Monkey Island, diritto nella tana del lupo, al fine di trovare il modo di sconfiggere il malvagio pirata. Ma gira voce che l'isola occulti un misterioso segreto…



"Voglio diventare un pirata". Ed ecco che ci indicano il posto per gli apprendisti pirati. Facile no?

Un plot semplice e in apparenza banale che però nasconde uno dei prodotti più divertenti che abbia mai provato. “Monkey Island” è un capolavoro di dialoghi, umorismo, personaggi storici e situazioni folli, in cui la trama assume un ruolo da protagonista e tutti i personaggi - perfino quelli del tutto ininfluenti agli enigmi come i Pirati di Bassa Morale e Voodoo Lady - sono lì ad arricchirla abilmente.
Risulta faticoso restare seri di fronte a macchiette indimenticabili come Stan il 'venditore di navi usate' (stereotipo del commerciante approfittatore e ipocrita), Herman l'eremita con una nave bell'e pronta a salpare, l'incredibile scimmia a tre teste o i cannibali che fanno attenzione ai grassi saturi: il titolo diverte dall'inizio alla fine soprattutto grazie ad una sceneggiatura eccezionale, mai superficiale e sempre curatissima. L'obbiettivo di intrattenere di gusto è palese fin da subito, con una storia che entra nel vivo senza troppi fronzoli, e incarna perfettamente il genere avventuroso in senso stretto: pirati, isole misteriose, tesori nascosti e un pizzico di misticismo. Il tutto rivisto in chiave fortemente ironica e pazzoide, 'filtrata' attraverso gli occhi e l'immaginazione di un ragazzino.
Questo non vuol dire che nel folle mondo di "Monkey Island” non ci sia spazio alla coerenza: le situazioni sono sempre al limite ma hanno una loro (sempre folle) spiegazione, e perfino gli anacronismi trovano una propria risoluzione (magari un gioco più in là…). Né significa che l'intera vicenda sia semplicemente una mera parodia infarcita di citazioni (numerosissime quelle ai prodotti Lucasfilm - lungometraggi compresi): pur essendo orientato prevalentemente sull'umorismo, il gioco è di fatto una storia d'avventura semiseria, con alcuni risvolti quasi macabri (sebbene stilizzati) come quelli relativi a Monkey Island e alle catacombe della carne. Lo stesso LeChuck è un villain estremo ma carismatico, e pur nel suo essere grottesco risulta pericoloso.



Meglio salvare e aspettare circa dieci minuti per potersi godere l'easter egg.

L'interfaccia è un ulteriore snellimento dello SCUMM, in passato creato dal medesimo autore del gioco: Ron Gilbert, un nome sicuramente molto noto agli avventurieri. Questa volta i verbi in basso allo schermo sono ridotti di numero ed è possibile richiamarli con la tastiera usando l'iniziale giusta. Si ha anche la facoltà di saltare comodamente dialoghi e cutscene (ma perché mai dovreste farlo?) con un semplice tasto.
Non è invece contemplata la morte del protagonista (a parte durante la sezione sott'acqua - ma è più un easter egg che altro), e a tal proposito è cattivissima l'esilarante citazione ai giochi Sierra, nella scenetta in cui Guybrush 'muore' cadendo da un promontorio (per poi rimbalzare indietro subito dopo).



LeChuck. E' morto, ma non significa che non sia pericoloso.

Un altro fattore che rende notevole “Monkey Island” è il supporto sonoro (la colonna sonora è firmata da Michael Land): i temi musicali relativi a Monkey Island e a LeChuck sono a dir poco ispirati e fra i più orecchiabili e incisivi che la storia ricordi, nonostante gli ovvi limiti tecnici. Nella versione CD da me provata (quella definitiva con grafica VGA), le tracce audio sono contenute nel disco stesso e si azionano nei momenti topici, senza però fare uso di una colonna sonora dinamica e continua.
Graficamente, il gioco è adatto e molto gradevole, pur non facendo gridare al miracolo per il numero o la qualità delle animazioni. Ancora assenti le espressioni facciali.

Di fronte a tutto questo, gli enigmi sembrano quasi passare in secondo piano. E' bene però dire che pure sotto questo profilo le cose vanno bene, anche se non benissimo. E' vero che sequenze geniali come il duello ad insulti sono state, in futuro, replicate fino alla nausea, e in generale la qualità generale è molto alta (è richiesto un 'ragionamento trasversale' in linea con lo stile del gioco - micidiale quello dell'aringa rossa): resta però da notare che “Monkey Island” non è particolarmente arduo da terminare e, nonostante la relativa ricchezza e la varietà delle locazioni, non è neanche troppo lungo (pochini gli hot spots). I puzzle sono comunque molto vari e stimolanti. Il gioco è diviso in quattro parti, la prima delle quali è la più complessa e articolata.



"Monkey Island" possiede dei lievi accenni di umorismo macabro/nero, che esploderanno solo nel secondo capitolo.

I momenti ispirati e le frasi memorabili davvero non mancano in “The Secret of Monkey Island”, prodotto sicuramente adatto a tutti, pieno di piccoli dettagli che possano soddisfare anche il più duro dei critici. Non è perfetto, ma non ci va molto lontano. 4 su 5.

La citazione:
Guybrush: "Salve, testa d'uovo, chi sei?"
Meathook: "Mi chiamo Meathook... e penso che tu abbia un piccolo problema di comportamento"
Guybrush: "Beh... io penso che tu abbia qualche piccolo problema di capelli"
Meathook: "Accidenti! Non sai mai quando smetterla, vero?"
Guybrush: "Ovviamente neanche il tuo barbiere"

 

Nota: Il gioco è emulato alla perfezione (con l'aggiunta di alcuni filtri grafici) dallo ScummVM.
Grazie al sito riferimento per i Lucasdeliranti, Lucasdelirium, per il poster del titolo (realizzato dal creatore del fumetto di "Sam & Max", Steve Purcell).
Segnalo anche una pazzesca versione animata in Flash dell'avventura (riadattata in modo geniale), che potete trovare (in lingua inglese) a questo indirizzo questo indirizzo. Consiglio caldamente di vederla!

by Gnupick






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Commenti (6)

Kawalsky : Come definire questo gioco se non "storico"? Ok, c'è l'aggettivo "seminale" ma suona sporco. Dicevamo, Monkey Island è storico, non fosse altro che per il modo in cui mescola avventura, senso della trama e personaggi demenziali. E se credete che sia difficile, non vi preoccupate: il secondo è molto peggio.


Geoffrey : Ciao Gnupick, ma davvero hai la faccia come quella di Ben, il protagonista di Full Throttle? :)
Hai proprio ragione, TSOMI è un'avventura completa: trama e personaggi eccezionali, dialoghi che fanno sbellicare, temi musicali sopraffini, grafica piacevolissima per l'epoca... forse proprio in virtù di questi pregi io gli avrei assegnato un mezzo punticino in più (sì, un bel 9 tondo -ARGH! Guanto in faccia al padrone di casa-). I suoi punti deboli, dici, sono la scarsa difficoltà e la scarsa lunghezza... beh, rigiocandolo oggi non ti posso che dare ragione, ma all'epoca ricordo che ebbi non poche difficoltà a terminarlo e anzi mi sembrava incredibile che un 'gioco' potesse durare tanto. Inoltre quel mezzo voto lo merita perchè, a mio avviso, TSOMI rappresenta un po' il punto di partenza di tutte le avventure grafiche che l'hanno succeduta, il modello da imitare... erano già usciti Maniac Mansion e Indy3 ma, credo, sono ben lontani dalla bellezza di Monkey. Forse è un discorso da nostalgico e un giocatore 'moderno' non gli darebbe addirittura la sufficienza ma io la penso così, in funzione di quello che TSOMI ha rappresentato per tutto il mondo dei videogiochi (EVVAI, MOMENTO DI COMMOZIONE:))
Grazie per lo spazio concesso e complimenti per il corner, davvero una buona idea


Gnupick : Caro Geoffrey, innanzitutto la spiegazione del 'logo' del Corner è che io NON somiglio al Ben di Full Throttle, ma piuttosto alla parete che puoi vedere (sfumata) subito a destra :).
Riguardo MI1: ai tempi introdusse la mancanza di vicoli ciechi, l'impossibilità di morire, la linearità, lo scarso numero di locazioni per 'zone' e di hotspots. Sono tutti fattori che 'accorciano' la lunghezza e - restando in ambito Lucas (dal tuo commento intuisco che conosci i titoli di questa SH) - lo rendono più 'corto' di Zak McKraken o Last Crusade. Non è necessariamente un difetto, ma è bene farci caso.
MI1 può far 'incagliare' con due o tre enigmi (penso alla pietra focaia), ma in sostanza ha solo due zone più o meno estese: Melèe e Monkey. L'esperienza, comunque, è allungata da diverse sezioni e da dialoghi 'inutili' (ma dannatamente divertenti).
Come fa giustamente notare il sito LucasDelirium, MI1 può essere considerato l'involontaria causa delle AG lineari e autosolventi del futuro, proprio in virtù delle innovazioni di base che resero il genere appetibile alla massa. In generale, comunque, MI1 può essere terminato in una sola giornata se si ricorda cosa fare (incluse le scenette di contorno inutili agli enigmi). Pochino: ricordo che dovettero accorciare intere sezioni per budget ridotto.



Alberto : E' un capolavoro, non solo dal punto di vista del gioco, la trama, il sonoro... è tutto l'insieme!


Guybrush : Io sono la gomma, tu la colla!!!!


Presidente : questo si che è un gioco. Forse la migliore avventura grafica di sempre, solo un pò troppo breve. La lucas è diventata un cesso quando ha smesso di produrre queste perle di adventure, che in molti avremmo comprato anche oggi.




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