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Still Life


In seguito al trasferimento alla città di Chicago (così come raccontato in Still Life Prelude), la giovane agente Victoria McPherson ha fin da subito un nuovo e pericoloso caso fra le mani: scovare un misterioso serial killer in maschera, che uccide delle donne secondo un macabro rituale che sembra ricordare gli assassinii di alcune prostitute avvenuti a Praga nel 1929. Le sue indagini la porteranno presto a documentarsi sui precedenti omicidi, nel tentativo così di prevedere le mosse del killer. Scoprirà che al caso stava lavorando proprio Gustav McPherson, suo nonno…

Spin-off del discreto Post Mortem e senza dubbio una delle avventure più attese degli ultimi tempi, “Still Life”, prodotto del 2005 della casa francese Microids, ci mette sia nei panni di Victoria McPherson sia in quelli del detective e pittore Gustav (personaggio preso in prestito dall'avventura precedente, di cui era il protagonista assoluto) attraverso un montaggio parallelo (interpreteremo prima l'uno e poi l'altra) davvero azzeccato e dal ritmo indovinato. Ho omesso il termine 'seguito' perché in realtà “Still Life” è tranquillamente giocabile senza aver neanche mai sentito parlare di Post Mortem (tantomeno “Prelude”): le due storie sono totalmente separate e al più incapperemo in un paio di riferimenti decisamente marginali. La personalità bidimensionale di Gus, inoltre, è rimasta pressocchè invariata (accentuando un po' la sua natura flemmatica), mentre la caratterizzazione della new entry Victoria è molto più marcata: dura e determinata - e spesso un tantino volgare - nelle sue azioni, eserciterà spesso la funzione di antitesi del tranquillo e pacato nonno.



Una delle prime schermate del gioco. E' già chiaro il tono della vicenda...

Graficamente, “Still Life” mostra indubbiamente le sue carte migliori: usando il solido meccanismo del 'fratello' “Syberia” (personaggi poligonali che si muovono in due dimensioni su sfondi in 3D prerendirizzato), il gioco fa sfoggio di locazioni disegnate a mano realmente curate. Le serate della luminosa Chicago sono eleganti quanto le nebbiose e autunnali atmosfere di Praga (che cedono il passo a quelle piovose di Parigi di Post Mortem), e vale la pena gustarsi anche la più ininfluente locazione. I personaggi, d'altra parte, sono ben amalgamati con gli sfondi e discretamente realizzati sia nelle animazioni che nel design.
Il sonoro fa uso di voci in italiano ben recitate (purtroppo però il doppiatore di Gus è cambiato) anche se si nota una certa ripetitività nella scelta degli attori, che comunque risultano un po' buffi nelle frasi più 'sboccate'. La colonna sonora non si farà certo ricordare per la sua magnificenza, ma realizza perfettamente il compito di essere funzionale e non invadente. Da segnalare, tuttavia, un paio di pezzi corali classici (tratti dal famoso “Requiem” di Mozart) ben inseriti in alcune sequenze non interattive.

Controlleremo i personaggi attraverso una visuale in terza persona, e col mouse muoveremo un cursore intelligente. Quando arriveremo nei pressi di un oggetto manipolabile, un'icona apparirà e potremo accedere all'inventario, con cui sarà possibile utilizzare i pochi oggetti raccolti nonché di esaminarli in tre dimensioni. In realtà l'utilizzo degli oggetti è un po' macchinoso, seppur dopo poco ci si abitua anche perché l'interfaccia (grazie alla quale avremo accesso anche ai resoconti dei protagonisti e ai documenti raccolti) ci 'indirizzerà' letteralmente verso la prossima azione, rendendo il suo utilizzo quasi a senso unico.
Ho trovato invece che i programmatori abbiano fatto un passo indietro nella gestione dei (discreti) dialoghi: mentre in Post Mortem erano interattivi e non lineari, qui ci limiteremo semplicemente a cliccare con il tasto sinistro del mouse quando vorremo discutere di un argomento pertinente, mentre il tasto destro ci porterà verso un discorso più personale. Il doppio click dimezzerà le distanze fra una locazione e l'altra facendo correre il personaggio.
Per quanto riguarda gli enigmi, si è optato, ancora una volta, per una scelta alla “Syberia”: il gioco è quasi autosolvente, tranne alcuni rari enigmi di logica a tutto schermo in cui saremo costretti a farci in quattro per poter proseguire. Francamente, ho trovato questi scogli decisamente frustranti: il dislivello di difficoltà è fin troppo evidente (quello culinario è davvero malefico e ricorda l'identikit di Post Mortem), e sembrano messi lì apposta una volta compreso che i puzzle di routine non offrono nessuna reale sfida. Non mancano infatti i tipici espedienti per 'allungare il brodo', come l'immancabile e odiosissimo gioco dei 15 e il puzzle dei 4 litri in una brocca che ne contiene 5.
Nonostante questo, la spinta a proseguire è più forte che mai, segno che gli ingranaggi scricchiolanti in fondo funzionano. Devo infatti aggiungere che era da tempo che non mi trovavo a sbattere la testa con una certa determinazione su un enigma particolarmente ostico (o noioso), solo per il gusto di andare avanti.
In più parti della storia, inoltre, la risoluzione di un puzzle farà partire uno degli ottimi filmati di intermezzo che in quanto a stile e regia ricordano molto da vicino i meccanismi dell'odierno cinema francese di genere, come “I Fiumi di Porpora” e “Vidocq”, specialmente nelle sezioni a Chicago. D'effetto ed emozionanti, li ho trovati davvero ben realizzati.



Noooo!!! I biscotti... nooooo!!!

La gamma dei personaggi, infine, ha uno spessore abbastanza lontano rispetto a quello di un “Gabriel Knight” o di una qualsiasi avventura Lucas a caso (ma la loro caratterizzazione è comunque sopra la media), e trova il suo 'pezzo forte' proprio nella giovane protagonista, che segue le orme del character forte che ultimamente si affibbia di norma alle donne 'di polso'. Lascia un po' perplesso il pallido sviluppo di alcuni personaggi potenzialmente interessanti, come il cocchiere di Praga o il collega di Victoria debole di stomaco. In ogni caso, si è visto molto di peggio.

Mi piacerebbe dire che l'interesse che “Still Life” tiene vivo per tutta la durata dell'avventura culmini in un finale appagante e rivelatore. Non è così, purtroppo: il raffazzonato ending della storia è assolutamente inaccettabile e inutilmente criptico, sopratutto in virtù del fatto che la risposta al quesito finale lasciato in sospeso sia palese in modo imbarazzante. Mi spiace, ma questa volta il giochino del to be continued già usato nel primo “Syberia” non funziona (il quale peraltro dà sicuramente più soddisfazione in quanto l'obbiettivo principale era stato raggiunto: infine Kate trova Hans), e non ha nessuna giustificazione, se non quella di tenere futilmente in attesa i giocatori in vista di un seguito. Seguito che vedo improbabile poiché la divisione interna della Microids è stata smantellata proprio subito dopo l'uscita del gioco (purtroppo!) e si può solo sperare in qualche appalto esterno.



Gus si fa strada fra la nebbia di Praga. Grande atmosfera.

Avevo deciso di chiudere faticosamente un occhio sul fronte degli enigmi, poiché in fondo si è così coinvolti dalle affascinanti vicende dei due protagonisti e dal ritmo ottimamente calibrato da non far caso più di tanto alla loro generale facilità seguita da diverse sezioni di smarrimento. Purtroppo però non posso proprio perdonare il terribile finale, evidentemente frutto di una serata fra amici trascorsa ad inalare fumi di dubbia provenienza, che snatura l'intero intreccio, andando contro non solo qualsiasi regola del thrilling o del romanzo giallo di routine, ma soprattutto del buon senso. Alla luce di quanto descritto, mi trovo costretto ad abbassare il giudizio finale, a costo di esagerare: 3 su 5.

by Gnupick






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Commenti (2)

L'Enigmista. : io invece avrei dato 6/7 perché non mi ha coinvolto più di tanto.


Presidente : avventura escrementizia, pochissimo coinvolgente. E protagonista odiosissima.




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