Sam & Max - Season One Episode I - Culture Shock
Infine ce l'hanno fatta! Là dove non è riuscita a giungere nè la Lucas col suo “Sam & Max - Freelance Police” (la cui cancellazione ha lanciato un messaggio chiaro alle software house più quotate sulla produzione di avventure grafiche) né altre improvvisate e/o pretestuose case di distribuzione che promettevano di finanziare il progetto, arriva la Telltale Games! Non a caso formata da alcuni membri della vecchia LucasArts bramosi di libertà creativa, questa piccola casa indipendente ha riportato sui nostri schermi in letargo dal mostrare 'occhi adorabili e mandibole seducenti' (una stretta di mano a chi coglie la citazione) la coppia di poliziotti 'freelance' più nota agli avventurieri, ovvero gli antropomorfi Sam (un cane dal linguaggio forbito e l'aspetto vagamente bogardiano) e Max (un coniglio folle - e nudo! - dalle evidenti tendenze violente) nati dalla malsana ma geniale fantasia del fumettista Steve Purcell.
L'unico modo, per una piccola etichetta, di gestire un lavoro e un franchise così importante, era forse quello di trovare una soluzione di edizione alternativa: i Telltale avevano già optato con “Bone” per la distribuzione in forma elettronica dei loro prodotti, con discreto riscontro economico. Ed ecco quindi, come uno dei primi casi nella storia - se non il primo in assoluto con alcune caratteristiche (un'uscita al mese, prezzo molto ridotto, struttura ad episodi che compone una 'stagione' simile a quelle delle serie tv), “Sam & Max - Season One”: un'unica storia composta da sei episodi singoli - liberamente giocabili stand-alone - collegati da un fil rouge sottile che comporrà la trama principale. Calcolando che il primo episodio si aggira sulle tre-quattro ore di gioco, e moltiplicando per sei, si otterrà al termine della 'stagione' un'avventura più lunga della media.
“Culture Shock” è il primo di questi sei episodi, uscito a novembre del 2006 (secondo i piani, la stagione sarà completa ad aprile del 2007). Essendo possibile, come già detto, giocare gli episodi autonomamente (avendo ognuno una trama principale sempre diversa), ho deciso di stendere un articoletto per ciascuno di essi, analizzando generalmente il progetto solo in questa occasione ed evitando ripetizioni nelle successive (fermo restando che sarà molto probabile, a progetto concluso, l'uscita del 'pacchetto' completo con nuove migliore aggiornate fin dal primo capitolo).
Non voglio dilungarmi di come questo ritorno del cane e del coniglio sia stato sofferto e annunciato più volte nel corso degli anni: infine, i Telltale hanno realizzato entrando in punta di piedi quello che ormai sembrava un seguito molto improbabile, senza strombazzare longevità eccelse e milioni di locazioni. “Culture Shock” è un gioco breve, con poche locazioni, scarsi personaggi e una storia autoconclusiva piuttosto veloce. Questo è, in breve, l'unico difetto del titolo.
Ma, prima, i numerosi aspetti positivi.
La grafica e la facilità di controllo! Niente scuse ormai per i programmatori di “Broken Sword IV - L'Angelo della Morte”: un 3D pulito in un'avventura grafica è di fatto possibile, con tanto di movimenti di macchina, zoom e carrellate. Tutto è studiato per rendere fluida l'esplorazione senza innervosirsi di fronte all'ennesimo cambio di prospettiva da galera, o ad un muro invisibile, o a un sistema di controllo che fa acqua da tutte le parti. L'intuitivo punta&clicca classico di “Sam & Max” fa muovere il giocatore con comodità in aree 3D perfettamente setacciabili e senza problemi di sorta. Non è ancora tutto ineccepibile, ma è certamente superiore dei (finora) migliori esempi nel campo degli adventure punta&clicca in 3D, ovvero “Ankh” e “The Westerner”.
Graficamente, “Culture Shock” fa mangiare la polvere al fratello “Bone” grazie soprattutto ai numerosissimi particolari degli scenari cittadini, davvero belli e caratterizzati. Le animazioni si mantengono su un livello molto alto, con tanto di gustosissime espressioni facciali. Generalmente i poligoni sono buoni nel loro stile cartoon: si può dire che sia più facile rendere attraente una grafica a cartoni stilizzata come questa piuttosto che una tendente al fotorealismo come nell'ultimo “Broken Sword”, ma non si può fare a meno di constatare che la resa visiva di “Sam & Max”, pur non facendo urlare al miracolo in quanto a spettacolarità pura o a virtuosismi grafici o registici (d'altra parte, il budget è quello che è), è sempre costantemente gradevole e, soprattutto, funzionale.
I doppiatori originali del duo sono diversi rispetto al vecchio “Sam & Max - Hit the Road”, ma il problema è irrilevante poiché le nuovi voci (le stesse di Fone e Phoney di “Bone”) sono ottime e si faticano a trovare le differenze con le precedenti.
Ancora una volta applausi a scena aperta per la partitura composta da Jared-Emerson Johnson: se “Bone” ricordava “Maniac Mansion - Day of the Tentacle”, questo “Culture Shock” somiglia più a “Grim Fandango” (sempre dello stesso autore, McConnell). Un lavoro pregevole, anche migliore dei precedenti, che possiede una certa continuità con “Sam & Max - Hit the Road” ma, questa volta, composto da un'orchestra jazz reale (e non più da suoni campionati). Durante la 'sigla' iniziale, per ribadire ciò, il tema musicale richiama molto da vicino quello di “Hit the Road”.
Max non disdegna metodi di persuasione alternativi per ottenere ciò che vuole. Sam, intanto, fissa gongolante la scena.
“Sam & Max Season One” non è propriamente un seguito del primo leggendario gioco Lucas: piuttosto, è una trasposizione più fedele del fumetto originale (non a caso ha collaborato strettamente Purcell stesso). Qualche citazione nascosta alla LucasArts c'è, è vero, e l'atmosfera generale non è poi così diversa rispetto a “Hit the Road”, ma “Culture Shock” è pensato per essere più coerente alla fonte originale di quanto non lo fosse il primo gioco: sono infatti sparite gran parte delle edulcorazioni (Sam ha perennemente nell'inventario un'arma) e la carica irriverente è maggiore. Certo, non siamo ancora dalle parti dei “Simpson” o di “South Park”, ma è piuttosto evidente che la creatività non sia stata minata da problemi di censura. Meglio così.
In generale, il capo designer del progetto, il vecchio Dave Grossman di “The Secret of Monkey Island”, ha fatto un ottimo lavoro sulla trama, la quale è dotata di venature satirico/sociali piuttosto nette: Sam e Max si trovano alle prese con un gruppo di ex bambini prodigio - i Soda Poppers - che vogliono a tutti costi diffondere il verbo di Brady Culture, una sorta di messia filosofico che attraverso il misterioso 'Eye-Bo' sta convertendo sempre più persone al suo credo.
Con l'apporto di Purcell, sia la trama che i dialoghi (molti dei quali non indispensabili per proseguire nel gioco… ma non vorrete mica perderli?) sono di alto livello, in particolar modo i mille botta e risposta fra il duo e i personaggi del gioco. Si fatica davvero a star dietro alle numerose battute degne di nota che strappano risate ad alta voce… una cosa che non mi capitava veramente da anni.
E' pur vero che la storia si termina in quelle quattro ore necessarie a completare il gioco, ma resta interessante per tutta la sua durata… senza dimenticare la sottotrama/collante dei vari episodi che riserverà qualche buona sorpresa.
La scarsezza di aree esplorabili - e la lunghezza esigua della storia - coinvolgerebbe inevitabilmente anche la difficoltà degli enigmi, ed è anche per questo che (come già accaduto nei “Bone”) è stata fatta la scelta di creare puzzle stimolanti ma mai frustranti: in “Sam & Max” non ci si 'blocca' praticamente mai. Nonostante questo, il raffinato game design di Grossman invita comunque un coinvolgimento attivo del giocatore, che forse dopo un enigma non si sentirà appagato/sollevato come in seguito alla risoluzione del puzzle finale di “Obsidian”, ma sarà 'preso' dalla serie degli eventi e andrà avanti affamato in cerca del prossimo stimolo - che sia un enigma, un dialogo, una gag nascosta o una variazione momentanea alla struttura stessa, che resta principalmente quella di un'avventura grafica.
La progettazione è comunque molto elegante e per ogni puzzle c'è la relativa motivazione giustificata dalla storia, con tanto di indizi sul come risolverli (esempio: ben presto sapremo i punti deboli dei Soda Poppers e starà a noi capire come sfruttarli). Nulla quindi è campato in aria o è messo lì per allungare il brodo, ma sono così tante le cose secondarie da 'sbloccare' che non godersele implicherebbe togliere più della metà del divertimento. D'altra parte, la caratterizzazione di un mondo è data anche dal numero di dettagli di cui è composto, e il gusto dell'esplorazione fine a se stessa era un 'vizio' a cui la vecchia scuola Lucas ci aveva ben abituato (un esempio su tutti, i personaggi 'inutili' in “The Secret of Monkey Island”).
E' però giusto non dimenticare che “Culture Shock” è inevitabilmente carente dal punto di vista di una sfida vera e propria per il giocatore (come può essere la prontezza di riflessi o l'aggrovigliamento di materia grigia): si è stimolati, non ci si annoia, però tutto scorre… facilmente. La differenza che corre fra “Culture Shock” e un “Serious Sam” giocato a difficoltà nulla è proprio - a costo di ripetermi - la cura e la bontà di ogni singolo elemento del titolo Telltale, che non farà mai impazzire il sistema nervoso o i neuroni ma si lascerà godere come una sorta di storia lineare in cui noi siamo i consapevoli 'ficcanaso'. Qualcuno troverà delle similitudini fra questa definizione e quella di 'film interattivo': in effetti le analogie ci sono, ma in “Sam & Max” si interagisce, e molto. C'è tanto da giocare, da esplorare, da cercare… non si tratta di un filmino da sbloccare con un'azione facile facile, ma piuttosto di una storia che scorre senza troppi intoppi con la collaborazione - attivissima - del giocatore.
“Culture Shock” non è totalmente autosolvente, ma le limitazioni date dalla particolare struttura ci sono, anche se sono minori di quelle viste in “Bone - Episode I - Out from Boneville” (progettato, comunque, con la stessa palese intenzione di casual game). Probabilmente, un'area di gioco più ampia avrebbe nascosto le succitate 'restrizioni' (più di quanto non lo faccia la ricchezza di dettagli), ma purtroppo è un qualcosa praticamente impossibile da realizzare con episodi così brevi.
Neanche l'interfaccia tenta di mascherare gli obbiettivi dei programmatori, e si propone ancora più semplice e diretta di quella vista nei “Bone”, facendola assomigliare addirittura a quella dei titoli 'under 7' come “Moop & Dreadly in The Treasure of Bing Bong Island”: il cursore mostrerà una sola azione (automatica) per ogni hot spot, e l'eseguissimo inventario non permetterà la combinazione di oggetti già contenuti in esso.
Per chiudere in due parole: si è fatto (quasi) tutto il possibile con ciò che la Telltale e Grossman hanno avuto disposizione, rielaborando la tipica struttura da avventura grafica per aggirare la faccenda della semplicità eccessiva. Problema che per un avventuriero potrebbe comunque sussistere se si aspetta da “Culture Shock” una complessità media dei puzzle e, soprattutto, un'avventura di stampo classico. Riguardo il livello di difficoltà generale, comunque, i passi avanti rispetto a “Bone - Episode I - Out from Boneville” ci sono e sono sotto gli occhi di tutti fin dai primi minuti.
In ogni caso, il tutto segue le regole classiche dell'avventura grafica, e perfino le sequenze arcade di “Bone” sono del tutto assenti (a parte una breve sezione sulla mitica DeSoto, l'auto dei nostri eroi). Non sarà possibile controllare Max se non in qualche (impagabile) dialogo, né sarà consentito di 'utilizzarlo' come un oggetto dell'inventario (così come accadeva in “Hit the Road”). Grazie al tipo di enigmi che incontreremo, comunque, non sentiremo assolutamente il peso di queste - per così dire - 'modifiche'.
“Sam & Max - Season One Episode I - Culture Shock” è un titolo estremamente difficile da valutare. Da una parte, dal punto di vista dell'entertainment puro, c'è ben poco da eccepire: si ride di gusto, si gioca bene e il ritmo non cala praticamente mai. Dall'altra, però, si tratta di un prodotto atipico, le cui scelte strettamente 'ludiche' possono straniare il giocatore abituato ad alcune regole standard del mondo dei videogiochi. Mi trattengo sul voto perché è più giusto valutare il titolo quando la stagione sarà completa, e il mio 4 su 5 stentato non vuole essere fuorviante: “Culture Shock” è un episodio maledettamente divertente e assolutamente consigliato. Purtroppo, non vi sono enigmi realmente impegnativi, e questo può limitare il giudizio globale di un giocatore abituato ad un'avventura grafica classica con puzzle cervellotici e un'area di gioco ben più ampia e libera.
La citazione:
Sam: “Una volta qualcuno mi disse che il contenuto di una lampada di lava può essere un'eccellente crema per le mani”
Max: “L'ho detto io!”
Sam: “Ecco perché non ho mai provato”
 
Nota: “Culture Shock” è attualmente venduto in forma elettronica sul sito della Telltale Games all'ottimo prezzo di circa 9 dollari. L'acquisto a scatola chiusa degli episodi successivi può essere un rischio per molti, ma mi sento di consigliarlo: innanzitutto i Telltale hanno fin'ora dimostrato di migliorarsi costantemente; inoltre, il prezzo per la stagione completa è di circa 35 dollari, ovvero meno di 6 dollari per episodio (il ritmo di uscita sarà di circa uno al mese, e chi acquisterà il pacchetto potrà scaricare il nuovo episodio il giorno stesso dell'uscita), è un prezzo più che onesto per godersi il completo ritorno del cane e del coniglio.
Come per i “Bone”, per ora “Culture Shock” è venduto interamente in lingua inglese e, sia a causa del lessico ricercato di Sam che della parlata rapida di Max, mi sento di raccomandare il gioco ai più anglofili che riescano anche a comprendere l'inevitabile slang americano dei personaggi.
by Gnupick
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