Monkey Island 2 - LeChuck's Revenge
E' inutile che facciate i furbetti: sono sicuro che avete già sbirciato il voto in fondo alla pagina.
Sembra piuttosto evidente che in genere sono restio a idolatrare il passato con il cipiglio del nostalgico, ma quando ce vo', ce vo': “Monkey Island 2” è senza dubbio, a distanza di molti anni (anno di uscita 1991), un capolavoro insuperato non solo fra avventure grafiche, ma nel panorama videoludico generale. Non ci si può non inchinare di fronte a quella che è forse l'avventura migliore della LucasArts (qui per la prima volta appare sotto questa etichetta piuttosto che Lucasfilm Games), specialmente se si pensa che l'intero lavoro (immane) è stato ultimato in appena un anno (!).
E' un peccato che il creatore della serie, Ron Gilbert, abbia in seguito lasciato la software house per dedicarsi a produzioni indipendenti (fra le quali ricordiamo “Moop & Dreadly in The Treasure of Bing Bong Island”), ma proprio non si può dire che non abbia chiuso in bellezza (spalleggiato dagli ottimi Dave Grossman e Tim Schafer). Comunque, i suoi successori sapranno farsi valere.
In “Monkey Island 2” non è chiarissimo quanto tempo sia passato dalle caraibiche vicende del primo episodio, ma vediamo un Guybrush esteticamente più maturo (la barba che tanto ostenta è un indizio di poco conto) anche se più scemo che mai. Fin dal filmato di presentazione, apprendiamo di come Guybrush continui a pavoneggiarsi per l'uccisione del Pirata Fantasma LeChuck ad opera sua, scaturendo incredulità generale nei confronti dei suoi 'amici' pirati (in effetti, la disfatta del barbuto pirata fu alquanto fortuita). Senza lasciarsi abbattere, però, il nostro eroe annuncia che è sulle tracce del tesoro più ambito dai pirati, il leggendario Big Whoop. Purtroppo, Guy è bloccato su Scabb Island da una tassa salatissima che gli impedisce di partire in cerca di avventure: un dazio imposto dallo sgherro locale, un certo Largo LaGrande, un tempo braccio destro di LeChuck in persona (quando era ancora in vita).
Liberatosi a fatica di Largo grazie all'aiuto del voodoo, la goffaggine di Guybrush porterà alla involontaria resurrezione del corpo di LeChuck. Al buffo pirata non resterà che cercare Big Whoop con ancora più determinazione: la veggente Voodoo Lady svela infatti che il tesoro conduce in un luogo in cui è possibile sfuggire per sempre dalle ire vendicative del pirata zombie, che all'occorrenza è diventato molto più puzzolente e irascibile che in precedenza.
Fin da subito appare evidente come “Monkey Island 2” sia più curato del capostipite sotto tutti i punti di vista, a partire dalla trama, semplice ma sicuramente più elaborata rispetto al primo episodio. Il miglioramento passa poi per l'interfaccia, scevra dagli ultimi fronzoli di “The Secret of Monkey Island” (versione EGA) e con il numero di 'verbi' ridotto all'osso (verrà riutilizzata anche in “Indiana Jones and The Fate of Atlantis”). La sezione inferiore della schermata ingloberà, sulla destra, anche il corposo inventario, sul quale lavoreremo moltissimo fin da subito.
La prima cosa che balza all'occhio, comunque, è la grafica. Molto diversa dal primo episodio, è stata 'sporcata' e resa più realistica grazie agli ottimi fondali disegnati a mano. In generale, gli ambienti sono molto più bui e oscuri, coerentemente con lo stile di gioco (di cui parlerò in seguito). Lo stesso Guybrush risulta modificato: adesso sfoggia un look molto più 'piratesco' (dopotutto ne ha tutte le ragioni, ormai, no?) che prende il posto del completo da 'damerino' del primo capitolo. Il numero di animazioni è aumentato di almeno tre volte, e inoltre godremo di buffissime espressioni facciali. Di tanto in tanto, assisteremo anche ad ingrandimenti della scena.
Giù il cappello per l'audio: questa volta la colonna sonora è presente in ogni ambiente di gioco ed è dinamica (grazie all'iMUSE, sistema utilizzato qui per la prima volta) con un risultato finale eccellente, che comprende anche arrangiamenti diversi di uno stesso tema e repentini cambiamenti coerenti con la scena in corso. Dopo poco ci si abitua anche alla qualità del suono, rigorosamente Adlib (è anche presente l'opzione per le schede Roland, ma non la consiglio), che non smorza il risultato finale, come invece sarebbe accaduto con “Indiana Jones and The Fate of Atlantis”. Onestamente, il comparto musicale è incredibile in quanto a quantità e qualità (è un bel duello col successivo “The Curse of Monkey Island”, che però avrà dalla sua un'orchestra reale), e praticamente ogni temino ci resterà in mente (tralasciando quelli storici, un orecchio particolare va alla sezione su Woodtick, quella nella villa del Governatore Phatt, la discesa di Guy fra i fondali marini e il leggendario ballo degli scheletri). Naturalmente, quasi tutti i temi musicali del primo capitolo sono stati riproposti con remix molto azzeccati e sempre coerenti all'azione (mentre quasi invariato è il “Love Theme”, il “LeChuck's Theme” risulta essere molto più cupo ed essenziale).
Riguardo gli effetti sonori (digitalizzati), le cose vanno comunque bene: sicuramente molto più 'discreti' del comparto musicale, fanno il loro degno lavoro pur non essendo numerosissimi (però i suoni nella gara degli sputi sono da piegarsi in due).
Sofisticatissimo il mosaico degli enigmi: basati perlopiù sulla manipolazione di sfondi e inventario, sorprende in quanto a complessità, soprattutto durante la parte 2 (come in “The Secret of Monkey Island”, il gioco è diviso in quattro parti). “Monkey Island 2”, infatti, risulta fin da subito vincente contro la (relativa) semplicità del capostipite, proponendo puzzle incrociati veramente da mal di testa ma ottimamente miscelati al tutto. Aumentato anche il numero dei dialoghi, di hot spots e, conseguentemente, la lunghezza generale dell'avventura.
In altre parole, “Monkey Island 2” rappresenta la maturità del sistema di gioco cominciato con “Maniac Mansion” e proseguito, con le ultime innovazioni e le scelte di rendere semplici e non frustranti molti passaggi (unite alla linearità degli enigmi), proprio con “The Secret of Monkey Island”. Se quest'ultimo, infatti, soffriva del peso della preferenza di voler essere appetibile alla massa, il secondo capitolo spreme al massimo tutte le introduzioni e si sforza (con successo) di aumentare la sfida generale. Tanto di cappello anche qui: probabilmente una raffinatezza tale, fino ad oggi, non è mai stata raggiunta. A tal proposito, trovo geniale la riproposizione di un enigma già affrontato - in modo diverso - nella parte 1 (per chi non l'avesse capito, parlo della costruzione della bambola voodoo di LeChuck): stesso puzzle, ma modalità dissimili. Solo chi ha realmente compreso cosa fare può comprendere anche il come. Eccezionale.
C'è però da dire che la risoluzione - spesso folle - degli enigmi, raccoglie l'eredità del primo capitolo e raramente rischia di esagerare (mi riferisco ad esempio alla famosa monkey wrench, al manifesto del capitano Kate Capsize o alla scelta dei libri corretti in biblioteca)… ma in fondo il tutto fa parte del gioco, e nessuno ha detto che sia semplice. In ogni caso, è bene sottolineare che gli scogli ci sono, e sono molto più numerosi rispetto al primo capitolo. Inoltre, chi non apprezza il generale tono umoristico del titolo (esiste gente simile?) potrebbe non gradire l'incredibile soluzione di alcuni puzzle.
Questo, ovviamente, accade se opterete per il livello di difficoltà massimo. Perché sì - novità! -, “Monkey Island 2” può anche risolto secondo la modalità 'semplice' che, in effetti, snellisce il tutto. L'opzione è stata sfruttata con successo e il gioco può così essere terminato anche dai meno esperti. Purtroppo, però, questa modalità toglie metà del gusto, e non parlo solo del numero di enigmi: intere sezioni dialogate saranno rimosse, e perfino alcuni pezzi di trama e diversi personaggi. Non la suggerisco assolutamente. Comunque, si tratta di un'introduzione curiosa realizzata molto bene (niente da fare, quindi: è perfetto anche questo), ma che probabilmente va contro lo spirito stesso dell'avventuriero. La stessa opzione verrà anche riproposta in “The Curse of Monkey Island”, con risultati molto diversi.
Dal punto di vista ludico, insomma, nulla da eccepire. Ma ciò che fa balzare “Monkey Island 2” in vetta alle classifiche di tutti i tempi è l'esperienza (meta?)narrativa generale: il titolo è un capolavoro a tutti gli effetti, e non dimentica neanche di inserire un sottotesto non sempre facilmente afferrabile. Molto più raffinata rispetto al primo capitolo, la narrazione tende ad un tono 'adulto' e a situazioni maggiormente crude. Chiariamoci, l'umorismo è rimasto e, anzi, è addirittura presente in dosi più massicce: passa dalla demenzialità più spinta (il tutù rosa, il candido reggiseno) al nonsense (il ballo degli scheletri, i titoli di coda), strappando copiose e genuine risate. A manetta anche l'uso di citazioni divertenti, con particolare enfasi a quelle Lucas (indimenticabili quelle starwarsiane, alcune replicate alla lettera), disseminate in molte aree e spesso difficilmente scovabili.
Nonostante ciò, sia la grafica (meno 'pulitina' rispetto al primo capitolo) che le varie situazioni (il voodoo, le ambientazioni funeree) si sono spostati verso un tono generale più dark (termine quanto mai abusato ma questa volta più che azzeccato) con l'aggiunta di componenti macabre (profanazione di tombe, dettagli cruenti) e più sboccate (liquidi corporei vari), che però hanno sempre l'intelligenza di non scadere nel cattivo gusto. L'umorismo nero è, inoltre, molto più gonfiato rispetto al primo capitolo. Tutti questi fattori rendono “Monkey Island 2” un titolo nuovo che non segue il successo del primo episodio, ma va oltre, brillando di luce propria ed evitando di ripresentare la solita minestra riscaldata (emblematica quindi è l'introduzione, in cui Guy caccia via le scimmie danzanti come a dire “Qui non c'è spazio per voi!”). La trappola è aggirata talmente bene che è stato anche evitato di riproporre alcune situazioni di successo (come i duelli a insulti), creando anzi nuove memorabili sezioni (la gara degli sputi, la nuotata in acqua) e non dimenticando l'arricchimento di dialoghi e dettagli 'inutili' ai fini della trama (come la mole di oggetti acquistabili nel bazar su Booty). Anche gli ambienti - le isole - non sono stati ripetuti: quattro in tutto e dotati di chiare caratteristiche proprie (l'anarchica Scabb, la carnevalesca Booty, la fascista Phatt e la disabitata Dinky) fanno presto dimenticare l'assenza della stessa Monkey Island.
Il retrogusto 'serioso' (che spesso è reso evidente da alcune sezioni - condite da un sempre presente umorismo grottesco) raggiunge il culmine proprio sul finale. Non penso di spoilerare nessuno (chi è che non l'ha giocato?) se affermo che l'ending, a ben vedere, è assai meno banale di ciò che sembra: l'espediente del 'sogno', di solito indice di scarsa creatività, rivela un messaggio fondamentale nient'affatto piatto, che risulta ancor più intrigante se si rivedono in mente i due giochi in blocco. Ogni situazione estrema, ogni anacronismo, ogni bizzarria è infine spiegata. Nello scontro finale, realtà e fantasia si mescolano in uno scenario opprimente e ansioso che non fa che aumentare il senso di confusione di Guybrush mentre 'si spezza la magia'. Non ci vuole certo un genio neanche per intuire quindi il famoso 'segreto di Monkey Island'.
Sempre a proposito del duello finale, c'è da dire che è veramente angosciante. Non si tratta di un caso isolato, ma negli ultimi minuti lo humor nero si associa a un'inquietudine reale (rappresentata dalla violenza delle scene, oltre che dalle apparizioni a sorpresa di LeChuck), raggiungendo l'apice in una sensazione di ansietà molto palpabile: ennesimo segno che la narrazione funziona perfettamente e le emozioni non si limitano alla risatina di circostanza.
Su Phatt Island, questo pescatore possiede un oggetto utile. A proposito, ma dove avrà preso l'altra pipa?
Non posso inoltre non citare gli indimenticabili personaggi del titolo. Innanzitutto, c'è un gradito ritorno di alcuni dei più riusciti character del gioco precedente (Stan l'ex venditore di navi usate ora divenuto spacciatore di bare usate, gli scansafatiche Pirati di Bassa Morale e l'inseparabile topo, Voodoo Lady e le sue preoccupanti previsioni, Herman Toothrot l'eremita a vita, il Governatore Elaine Marley e il suo debole per il nostro eroe), sempre utilizzati con intelligenza e senza offuscare le numerosissime new entry, altrettanto memorabili, fra le quali spiccano il burbero Largo e il tenero cartografo Wally.
Ma le due vere star si confermano proprio Guybrush e LeChuck. Lo stesso Guybrush è un personaggio più evoluto: a parte l'aspetto più 'duro' e l'abitudine a sporcarsi le mani più spesso che in precedenza se la situazione lo richiede, si percepisce una certa nota di insoddisfazione. Un personaggio destinato ad essere considerato una mezza calzetta nonostante le sue 'imprese', condannato quindi allo scherno perenne. In un'occasione si lascia intuire un'età intorno ai 18 anni, ma direi che è più plausibile che si aggiri di pochissimo sopra i 20.
LeChuck, invece, già carismatico e pericoloso nel primo capitolo, è reso in modo realmente raccapricciante nella sua metamorfosi zombesca (peraltro perfettamente coerente: nel primo gioco era stato sconfitto solo il suo fantasma, mentre il vero corpo era stato nascosto altrove). Ogni sua comparsata provoca una sensazione di pericolo imminente, e non scade mai nella comicità a tutti i costi (il personaggio sarà invece completamente snaturato in “The Curse of Monkey Island”): un villain a tutto tondo, degna rappresentazione delle paure infantili di un ragazzino. Nonostante il suo aspetto volutamente esagerato e caricaturale, è infatti un personaggio assolutamente spaventoso (nel duello finale, come già detto, c'è veramente poco da ridere, malgrado la comicità grottesca).
“Monkey Island 2 - LeChuck's Revenge” non si limita ad essere 'il seguito' di un titolo di successo, ma riesce a battere il capostipite sotto tutti i punti di vista. Un'opera inedita e indimenticabile, capace di essere rigiocata all'infinito senza perdere mai il suo fascino e che, a distanza di tanti anni, risulta essere ancora uno degli esempi migliori di videogioco mai realizzato. Molto vicino alla perfezione, il mio voto per “Monkey Island 2” non può che essere 5 su 5.
La citazione:
Herman Toothrot: “Se un albero cade nella foresta e non c'è nessuno a sentire il rumore, di che colore è l'albero?”
(dopo aver passato ore ad elencare i colori più improbabili)
Guybrush Threepwood: “Tutti i colori?”
Herman: “Esatto. Ora, cosa hai compreso grazie a questa esperienza?”
Guybrush: “Che la filosofia non vale il mio tempo”
Herman: “Impressionante. La maggior parte delle persone impiega anni per capirlo”
 
Nota: Naturalmente, lo ScummVM è perfetto per giocare a “Monkey Island 2” senza alcun problema e con audio e video (con filtri che migliorano la qualità) perfetti.
Grazie di nuovo a Lucasdelirium per la bellissima locandina (disegnata ancora dal Purcell di "Sam & Max").
by Gnupick
Commenti (10)
Comunque monkey island è uno dei migliori giochi per PC mai usciti....
compreso e aggiungo che nella fortezza di lechuck nel livello difficile faccio fatica
ad attraversare il corridoio potete aiutarmi? grazie molte.
compreso e aggiungo che nella fortezza di lechuck nel livello difficile faccio fatica
ad attraversare il corridoio potete aiutarmi? grazie molte.
mi dispiace.
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