Full Throttle
Ambientato in un futuro prossimo, in cui le auto viaggiano a venti centimetri da terra e gli unici veicoli dotati di ruote sono le moto dei choppers di periferia, “Full Throttle” ci mette nei panni del ruvido boss di una gang di motociclisti, i Polecats. Ben (il cognome 'preferisce non usarlo'), il suddetto capo, è molto amico di Malcolm Corley, un vecchietto responsabile della Corley Motors, unica azienda a fabbricare le tanto desiderate motociclette (non solo veicoli, ma simbolo di uno stile di vita). Il viscido vicepresidente della Corley Motors, l'impettito Adrian Ripburger, vuole impossessarsi della società a tutti i costi, e per farlo è disposto ad eliminare l'arzillo titolare, cercando di far accusare dell'omicidio i Polecats stessi, sempre ai margini della legalità e dalla reputazione comprensibilmente discutibile. Niente di più semplice.
L'unico impedimento al malvagio piano è rappresentato proprio da Ben, il duro capo dai solidi principi morali. Ripburger decide di farlo fuori, ferendo gravemente il povero motociclista, che verrà rimesso in sesto da una bizzarra ragazza appassionata di motori, Maureen.
“Full Throttle” (anno di uscita: 1994) rappresenta il primo tentativo della LucasArts di uscire dal filone delle avventure cartoon-demenziali che l'avevano contraddistinta fino all'ultimo titolo, “Sam & Max - Hit the Road”. Lo scopo è reso noto da sfumature più dure e realistiche che in precedenza, e da una certa crudezza di alcune immagini, oltre che dalla violenza generale. Niente che causi problemi di sonno, sia chiaro, ma sicuramente ci troviamo di fronte ad un'impostazione inedita per la casa californiana.
Il compito di portare il gioco a compimento è stato dato a Tim Schafer, già autore (in coppia con Dave Grossman) di “Maniac Mansion - Day of the Tentacle” (ma aveva lavorato anche ai due “Monkey Island”). Le ambientazioni sono statunitensi, ai bordi della società, fra canyon e posti dimenticati da Dio. In questi luoghi, trovano ragione di esistere bande di motociclisti, tutte dotate di caratteristiche proprie: i duri ma spirituali Polecats (con tanto di ex capo che venerano come uno spirito guida), i muscolosi Rottwheeler, i veloci Vulture e i ciechi sicari Cavefish.
Anche il protagonista si discosta un po' dal classico antieroe Lucas, ma neanche poi troppo. La moto ultrapompata con tubi di scappamento un po' ovunque, la sua mascella squadrata, la barba incolta, gli anfibi pesanti e la sua aria da classico duro dal cuore tenero ci fa simpatia fin dai primissimi minuti. Non si fa pregare quando c'è bisogno di usare le maniere forti, ma ci sentiamo di perdonarlo in virtù della crudezza del mondo in cui vive. Sia lui che buona parte dei personaggi non giocabili (il subdolo Ripburger in giacca e cravatta, i due scagnozzi - l'uno magro e furbo, l'altro ciccione e stupido, la giornalista Miranda arrivista e senza scrupoli, il codardo barista Quohog, etc) risultano piacevolmente stereotipati in un gioco di riferimenti chiari. Una buona fetta del (comunque molto presente) umorismo di “Full Throttle” dipende proprio dall'utilizzo di questi stereotipi in situazioni buffe o comunque ironiche. Come livello di scrittura dei dialoghi, infatti, ci troviamo su livelli molto alti: Schafer dimostra di saper gestire ottimamente le frasi 'ad effetto' almeno quanto i momenti comici, ragion per cui mi sento anche di dire che, da questo punto di vista, la Lucas abbia fatto con “Full Throttle” un passo in avanti.
La sceneggiatura riserva qualche sorpresa e l'indiscussa 'antipatia' dell'antagonista ci porta a gustarci il momento della resa dei conti con grande attesa. Narrativamente, insomma, il titolo funziona molto bene. Purtroppo, il tutto dura poco, fra tre grosse ambientazioni (la cittadina di Melonweed, la strada della Vecchia Miniera e l'officina Corley) niente affatto vaste e con pochi personaggi di contorno (ottimi come sempre, comunque).
Un po' più a sinistra, Ben... un altro po'... chiudi un occhio... così... fermo... click! Ecco il logo del Corner!
Il reparto audiovisivo è fondamentale in “Full Throttle”.
Lo stile grafico, diverso dai precedenti look lucasiani, si rifà al tratto utilizzato dal fumettista Mike Mignola (l'autore di “Hellboy” che avrebbe lavorato con il buon Steve Purcell in un albo one shot dal titolo “Rusty Razorclam, President of Neptune”) e risulta azzeccato.
Ciò che salta più all'occhio è, però, la scelta di utilizzare tecniche pesantemente cinematografiche. Frequenti primi piani, zoomate e un numero impressionante di sequenze animate (miscelate perfettamente al gioco) caratterizzano tutta l'avventura. In verità, tanto la grafica (ancora a 320x200) quanto le animazioni durante le cutscene e (soprattutto) e nel gioco vero (è ancora assente il walk diagonale) non sono così eccezionali, ma tutto ci sembrerà ugualmente fluido e spettacolare grazie all'uso oculato delle tecniche cinematografiche (con suoni ad hoc che lasciano immaginare cosa accade fuori dallo schermo). La particolare 'bontà' della regia e gli abili meccanismi attuati per coprire i limiti grafici rendono “Full Throttle” 'senza tempo' per quanto riguarda l'impatto visivo, ottimo ancora oggi.
I personaggi sono bidimensionali, naturalmente, ma il 3D è presente nella realizzazione di tutti i veicoli, permettendo rotazioni di camera assolutamente inedite e spettacolari, grazie all'engine INSANE di Vincent Lee. A tal proposito, l'introduzione del gioco è una perfetta miscela di tutte le tecniche utilizzate e lascia a bocca aperta ancora oggi (non ricordo un opening migliore in un'avventura grafica).
Durante gli scorrazzamenti in moto (la sezione centrale del gioco), infine, il sistema INSANE farà il suo lavoro di rendere parzialmente interattive quelle che sono, in fondo, sequenze precalcolate (talvolta, presenti anche in-game, perfettamente combinate con la grafica generale), così come accadeva nel precedente “Star Wars - Rebel Assault”. Questi momenti hanno il compito di rendere meno noiosi gli spostamenti di Ben fra un luogo e l'altro: peccato che non siano né stimolanti né divertenti.
C'è da sfregarsi le mani anche con il sonoro. Innanzitutto gli effetti sonori sono ottimi e reggono benissimo il gioco insieme alla grafica (il rombo della moto di Ben è sempre uno spettacolo), valorizzando l'impatto generale. Ma ciò che realmente rende “Full Throttle” perfettamente riuscito nel suo obbiettivo 'cinematografico' è la colonna sonora (dinamica, grazie all'iMUSE adottato in “Monkey Island 2 - LeChuck's Revenge” e, per la prima volta, digitalizzata): Peter McConnell ricrea le atmosfere country/rock dei canyon americani scrivendo musiche originali basandosi sullo stile di una band heavy metal/hard rock dal nome The Gone Jackals (molti dei pezzi usati nel gioco appartengono effettivamente al loro album Bone to Pick). Sarà anche vero che il suddetto genere mi aggrada parecchio, ma è oggettivo che la simbiosi musica-immagini sia pressocchè perfetta e molto adeguata allo stile. Vere e proprie canzoni, aggiunte ad adattamenti che le rendono 'temi' musicali, sono abbinate ottimamente alle vicende di Ben e soci, e gradevolmente ascoltabili anche da sole. Onestamente, non ricordo esempi migliori di collaborazione fra canzoni stand alone e videogioco.
Il doppiaggio è completamente in italiano, generalmente ben realizzato. Si passa da ottime voci (Corley, Ripburger) ad alcune totalmente incolori (Suzy, Padre Torsio); fino alla voce di Ben, che tenta di fare il verso a quella originale. Purtroppo anche qui sono presenti cadenze italiote decisamente fuori luogo in uno scenario desertico americano. Comunque, resta un lavoro decente, anche se mi sento in ogni caso di consigliare il doppiaggio originale, che fra le altre cose si può fregiare della partecipazione di Mark 'Luke Skywalker' Hamill nel ruolo di Ripburger (Hamill aveva già dato la voce ad uno dei personaggi di “Gabriel Knight - Sins of the Fathers”).
Ben resta intelligentemente immobile, circondato dai terribili Cavefish. Speriamo di non essere il loro obbiettivo...
I primi doloretti arrivano dall'interfaccia. Dopo il (malriuscito) tentativo Sierra style di “Sam & Max - Hit the Road”, la LucasArts decide di mantenere il gioco a schermo intero ma rivoluziona lo SCUMM di Gilbert con un sistema inedito: tenendo premuto il tasto sinistro del mouse su un hot spot, apparirà un tatuaggio ad icone che, in pratica, sostituisce i classici 'verbi'. Questa volta, però, l'azione 'bocca' potrebbe non servire unicamente a 'parlare', e l'azione 'mano' potrebbe anche essere usata per malmenare qualcuno… senza dimenticare l'inedita icona 'calcio' che lascia poco spazio a ipotesi sul suo utilizzo (dopotutto Ben è un temibile boss di una gang!). Il problema è che non ci sarà descrizione sui 'punti caldi' per cui a volte dovremmo esaminare per forza per poter capire di che oggetto realmente si tratta. In ogni caso, questa nuova interfaccia funziona bene, e non a caso sarà ripresa (con le opportune migliorie) in “The Curse of Monkey Island”. Una freccia rossa ci indicherà l'uscita da una locazione e - novità - col doppio click ci teletrasporteremo istantaneamente nella zona successiva.
Il tasto destro, invece, farà apparire l'esiguo inventario e occuperà solo una minima parte dello schermo. Purtroppo, non è possibile combinare gli oggetti dell'inventario fra loro, ma posso assicurare che non si sente la mancanza di questa limitazione.
L'interfaccia sarà modificata durante le sequenze arcade e passerà dall'essere nulla (nei giri in moto) all'essere intuitiva nel caso di una scazzottata: col tasto destro cambierà l'arma e con il sinistro si colpirà il malcapitato motociclista rivale che ci taglierà la strada.
Durante la lunga sequenza finale, Ben e Maureen si troveranno sempre al limite fra la vita e la morte, come in questo caso.
Laddove non c'è niente da eccepire sotto l'aspetto meramente spettacolare, “Full Throttle” soffre purtroppo di carenze oggettive nel gameplay. Gli enigmi sono stimolanti come tradizione Lucas (in genere se non si comprende cosa fare, difficilmente si capirà anche il come) ma soffrono di un'eccessiva semplicità dovuta allo scarso numero di oggetti e locazioni.
Essendo anche l'avventura piuttosto breve, si è cercato di 'allungare il brodo' con sequenze arcade realizzate un po' alla buona, perlopiù costituite dalle scazzottate in moto sulla Old Mine Road (evoluzione di quelle viste in “Indiana Jones and The Fate of Atlantis”). L'idea non sarebbe poi risultata malvagia (ben presto si scopre che c'è un approccio adventure in quasi tutti i casi e, in generale, non sono così malaccio) se non fosse che le suddette sequenze sono quasi tutte concentrate verso la metà del gioco, costringendo il giocatore ad una lunga sessione arcade senza neanche l'opportunità di salvare la posizione. Mal gestita, inoltre, tutta la sequenza dell'autoscontro, risolvibile comunque con un approccio avventuroso e, pertanto, in parte perdonabile.
“Full Throttle” è breve, ma non annoia: a parte la già citata sezione centrale, il gioco è piuttosto vario e al resto ci penserà l'abilità narrativa di Schafer.
Da segnalare anche il lungo finale: una sequenza stile laser-game (compiere l'azione giusta in poco tempo) che ci terrà col fiato sospeso fino alla fine. Dato il tipo di storia, trovo che sia stata un'ottima scelta quella di infondere un po' di adrenalina alle sezioni finali, e posso assicurare che qui la spettacolarità è presente in dosi massicce e sarebbe stata in grado di sostenere da sola l'intera scena.
Come esperienza complessiva, “Full Throttle” è molto più che buono: peccato per il gameplay non eccellente e l'eccessiva semplicità di risoluzione dei puzzle. Comunque, il divertimento non è intaccato grazie ad una narrazione intelligente e ben costruita e a personaggi simpatici. Voto: 4 su 5.
La citazione:
(prima riga)
Ben: (racconta) “Quando sento odore di asfalto, penso a Maureen. E' l'ultima cosa che mi ricordo prima di svenire: l'odore pungente dell'asfalto. E la prima cosa che vidi, era la sua faccia. Mi disse che avrebbe riparato la mia moto. Gratis. Senza obblighi. Avrei dovuto capirlo che le cose non sono mai così semplici. Sì, quando penso a Maureen mi vengono in mente due cose: asfalto, e guai.
 
Nota: Questa volta niente standing ovation per lo ScummVM: il gioco è ben emulato, ma ho notato alcuni difetti nell'audio (iMUSE non perfetto) e alcuni problemi nelle sequenze arcade che *non* avevo riscontrato nel gioco 'puro'. Si potrebbe preferire la soluzione DosBox.
Comunque, dal 2007 è in commercio una riedizione compatibile coi sistemi odierni ad un prezzo budget.
Grazie a Lucasdelirium per l'immagine del box frontale.
by Gnupick
Commenti (3)
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certo, non ci sono attori in carne ed ossa e comunque è pur sempre un avventura Lucas (il che vuol dire comunque una certa cura degli enigmi ed attenzione al connubio trama-gameplay) ma per il resto ci siamo: ricerca del "cinematografico" a tutti i costi, longevità nulla, enigmi semplici, location ed interattività limitate, un filmato ogni tre minuti di gioco...
chiaro, non è proprio un difetto oggettivo... come "film" FT è davvero uno spettacolo (lo dice qualcuno che non ama questo genere di ambientazione): l'atmosfera caratteristica, la caratterizzazione dei personaggi (volutamente stereotipata ma funzionante), la cura delle scene sono ad altissimi livelli, ma un adventure non è un film, e con una così gran quantità di opinabilissime trovate di gameplay (prima su tutte l'ingiocabile sequenza puzzle-arcade dell'autoscontro) non posso proprio considerare Full Throttle come l'avventura più riuscita della Lucas... peccato per Tim Schafer...