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Dreamfall - The Longest Journey


"The Longest Journey" (Funcom, 1999) è a ragione considerata, insieme a "Syberia", la migliore avventura grafica degli ultimi anni. Un lungo periodo in cui il genere ha prima attraversato un periodo grigio costellato da prodotti non certo memorabili, e poi ha finito per risollevarsi, fra buoni esempi classici e ibridi un po' ambigui, spesso spacciati come innovatori del campo. "The Longest Journey" era un'enorme avventura sci-fi/fantasy dal background enormemente curato e dai personaggi ben riusciti e caratterizzati. Rappresentava e rappresenta ancora, forse, uno degli esempi più efficaci di narrazione videoludica nel campo delle avventure grafiche.
Quando Ragnar Tornquist, game designer e sceneggiatore del titolo, aveva annunciato che il seguito sarebbe stato diverso dall'originale in quanto ad impostazione generale (un ibrido con sezioni arcade), un moto di disappunto sconvolse gli avventurieri. In realtà, l'intenzione di Tornquist era quella di dar maggior enfasi alla narrazione, laddove proprio lo stesso "The Longest Journey" si distingueva dalle altre avventure a causa di dialoghi interminabili (e, lasciatemelo dire, spesso alquanto prolissi e noiosi), lunghissime sequenze non interattive ed enigmi molto semplici. Nel seguito, intitolato "Dreamfall - The Longest Journey" (2006), non si fa altro che rendere palese questo orientamento dell'autore (ancora più evidente dal fatto che Tornquist non sia più game designer del progetto, ma solo 'regista' e sceneggiatore), portando l'interattività solo quando serve, con sporadiche sezioni d'azione dove la storia lo richiede.

"Dreamfall", nonostante sia volontariamente autosolvente a fronte di enigmi avventurosi e arcade che non offrono una sfida sostanziosa, si aggira più dalle parti dell'avventura grafica che dell'arcade-adventure, un po' come è accaduto con "Broken Sword III - Il Sonno del Drago", altro titolo discusso proprio a causa della sua impostazione. Per la sua vocazione da film interattivo, però, "Dreamfall" finisce più per somigliare ad un altro ibrido, l'interessantissimo "Fahrenheit". La differenza più grande è che quest'ultima avventura 'costringeva' intelligentemente il giocatore a partecipare attivamente ad ogni sezione (anche con trucchetti non particolarmente felici), mentre in "Dreamfall" saremo spesso chiamati ad assistere solo in veste di spettatori alle numerosissime sequenze non interattive, proprio come in un film. Nessuno scandalo, comunque: "Dreamfall" segue la falsariga del primo capitolo e la lunghezza delle 'scenette' animate sono una sua eredità. In realtà, "The Longest Journey" aveva solo un briciolo di interattività in più di questo seguito, ma i lunghi momenti non giocabili la facevano da padrone esattamente come, adesso, in "Dreamfall". Insomma, i due giochi, da questo punto di vista, non sono così diversi.
Ciò che li rende differenti è un uso più massiccio dell'arcade, comunque naturale e per niente invasivo, poiché giustificato dall'azione della storia.



I tre protagonisti in posa in un artwork. Occhio al nuovo look di April!

Un'inevitabile introduzione è la grafica completamente in 3D, con telecamera dietro le spalle del protagonista (come in "Simon the Sorcerer 3D"). Buoni i modelli poligonali e alcune animazioni, ma scarno il resto: le scenografie sono spoglie e riescono a dare un tocco evocativo solo nelle sequenze più fantasy/allucinate, e la 'recitazione' facciale dei personaggi è rara e limitata solo ai protagonisti. Inoltre, non ci sono particolari effetti speciali grafici, e anche attivando le opzioni al massimo la resa generale sarà appena sufficiente: quasi mediocre in alcuni casi in cui vedremo dei personaggi sparire dalla scena piuttosto che allontanarsi o aprire le porte per poi entrarvi, o durante le numerosissime sequenze non interattive, in cui i soggetti parleranno per minuti interi fra loro muovendosi appena. Niente di eccezionale, infine, la regia 'cinematografica': si poteva fare di più.
Il sonoro, per contro, è buono, con ottime voci ben rappresentate (sia quelle originali sia quelle adattate in italiano: infatti è possibile attivare l'audio delle lingue a piacere, con tanto di sottotitoli) e musiche coerenti all'azione e ottimamente realizzate. Di tanto in tanto, partiranno delle canzoni vere e proprie composte da un artista norvegese di nome Magnet, buone ma a mio avviso non ben miscelate alle immagini. Particolarmente indovinata è la voce del Watilla/peluche di Zoe, non a caso la stessa che doppiò l'orsetto meccanico 'Teddy' nel film "A.I." di Spielberg.

Per quanto riguarda l'interfaccia, "Dreamfall" cerca di miscelare il sistema classico da avventura grafica a quello dei giochi in 3D: purtroppo il risultato è un ibrido mouse/tastiera non riuscitissimo. I movimenti del personaggio saranno tutti via tastiera (classici tasti 'WASD'), così come converrà usarla anche per interagire con lo scenario e i personaggi. Il mouse sarà inevitabile quando vorremo accedere e manipolare gli oggetti dell'inventario (richiamabile con il tasto TAB) e saremo portati a farne uso anche durante i dialoghi. Stessa cosa varrà per i combattimenti (in cui i due diversi tasti del mouse attiveranno due 'mosse' diverse, mentre con il tasto spazio 'pareremo' i colpi più lievi) e per la funzione di 'vista a distanza', in cui guarderemo una piccola porzione di schermo con più precisione e la possibilità di farlo anche da lontano: una modalità utile e curiosa, purtroppo realizzata in modo un po' grossolano ed utile solo in un paio di occasioni.
Tutto questo ci porterà, in pratica, ad un bizzarro e indeciso utilizzo sia del mouse che della tastiera. Niente di grave (dopo un po' ci si fa l'abitudine), però il sistema andava rifinito: anche su questo, "Fahrenheit" resta l'esempio migliore. Sempre da "Fahrenheit", "Dreamfall" eredita anche una parziale modifica di trama nel momento in cui si farà una scelta piuttosto che un'altra (soprattutto durante i dialoghi). Si tratta però di modifiche veramente minime che risultano quasi essere nulle, e non raggiungono il ventaglio assicurato dall'avventura di David Cage. Comunque, è ben accolto questo sforzo di poter dare l'impressione di interagire lievemente sulla storia, cercando di non farla apparire del tutto reale come in effetti è. Tutto questo si traduce nella possibilità di evitare alcuni combattimenti o comunque di preferire un approccio 'soft' piuttosto di quello diretto: è un ottimo esempio il tipo di metodo che dovremo scegliere di intraprendere appena entrati nella vecchia Casa di Confine a Venice.



La nostra Zoe si ripara da una guardia robot in una delle sequenze stealth del gioco.

Ho precisato che in "Dreamfall" si gioca poco. Ma si gioca bene? Abbastanza.
La varietà dell'azione cerca di colmare il livello di sfida praticamente nullo, passando da sezioni decisamente avventurose alle classiche 'commissioni' da effettuare girando per il mondo; dai combattimenti ai momenti stealth.
Proprio sui due ultimi casi, vale la pena spendere qualche parola. I combattimenti sono, sfortunatamente, realizzati malino e fungono quasi da riempitivo fra una sezione e l'altra: mai difficili e piuttosto ingestibili, sembrano dare il meglio nelle versioni all'arma bianca di Kian piuttosto che in quelle a mani nude di Zoe. Le sezioni stealth, d'altro canto, risultano essere migliori di quelle viste in "Broken Sword III", ma restano comunque sotto la media dei più famosi titoli arcade.
Alcune volte, saremo anche chiamati a svolgere brevi sezioni a tempo.
In rare occasioni si può morire, ma niente paura: i salvataggi automatici sono ben studiati e ci permetteranno di non ripetere mai una sezione troppo lunga. Se ciò non dovesse bastare, ci sono sempre i salvataggi liberi personali.
Comunque, tutti i problemi, enigmi avventurosi e arcade annessi, sono facilmente risolvibili: in "Dreamfall" non ci si blocca praticamente mai, a vantaggio della fluidità della narrazione.
Purtroppo, girando per la (ampissima) varietà di scenari del gioco, si percepisce una sgradita sensazione di essere in trappola, a causa del fatto che le città sono limitate a poche zone e i passaggi sono bloccati da vari espedienti (barili, carri, porte chiuse) che fanno un po' venir meno la sospensione dell'incredulità e rischiano di far sentire il giocatore all'interno di un universo fittizio e lineare.

In generale, l'impressione che si era avuta durante le anteprime e le anticipazioni di "Dreamfall" nel corso di due anni, ha avuto conferma: più che del concept e della struttura del gioco, si è deciso di orientarsi verso una cura maggiore della trama. Riguardo il gioco vero e proprio, evidentemente, le idee non sono mai state molto chiare.
Ciò che è fondamentale, comunque, è che "Dreamfall" si lascia 'giocare' molto bene. E diverte. L'aspetto giocabile di questo fattore è - stranamente - marginale. Chiariamoci: il titolo è più o meno vario e divertente nella sua struttura di ibrido (anche se, come già detto, non molto appagante né particolarmente curato), ma non è questo il suo punto forte. Come previsto, la parte del leone è rappresentata dalla narrazione. "Dreamfall" è un vero e proprio film. E che film!



Kian, il terzo personaggio giocabile, in un duello all'ultimo sangue.

Dopo un prologo/tutorial (in cui impersoneremo brevemente una vecchia conoscenza del titolo originale: Brian Westhouse) ambientato con ogni probabilità sulla Terra prima degli eventi narrati nel gioco, prenderemo il controllo di una ventenne di Casablanca, tale Zoe Castillo, in un futuro 'non troppo lontano', dieci anni dopo "The Longest Journey". Il mondo cerca di riprendersi tecnologicamente dopo uno strano 'Collasso' avvenuto subito dopo le vicende della prima avventura. La giovane affronta un particolare periodo della vita (e sfido chiunque a non ritrovarsi) in cui l'apatia ha preso il sopravvento sulla sua personalità: Zoe trova difficile impegnarsi in qualcosa, avere interessi. In una parola: appassionarsi. Intanto, in alcuni dei numerosi schermi che ricoprono letteralmente la futuristica Casablanca, le appaiono strane immagini di aiuto di una spettrale bambina ("The Ring"?). 'Salva April Ryan' le dice la piccola.
Già, April, la protagonista del gioco originale: dov'è finita? Ormai 28enne, April è ormai un temuto guerriero ribelle di Arcadia - il mondo magico parallelo al 'nostro', Stark - , in lotta contro gli Azadi, un popolo che ha occupato militarmente molte terre del mondo, scacciando via i vecchi usurpatori. Sfiduciata e cinica, la nostra April è molto diversa dall'adolescente di "The Longest Journey" (ruolo, in parte, colmato dalla stessa Zoe, che come la vecchia April commenta con disincanto le sue vicende attraverso il suo diario elettronico). In seguito agli eventi narrati nel capostipite, la ragazza ha perso la possibilità di 'trasmigrare' (ovvero: viaggiare) da un mondo all'altro, e ha deciso di fermarsi in pianta stabile ad Arcadia, cercando di scacciare gli Azadi. Sembra, inoltre, che per qualche ragione voglia dimenticare il suo mondo di origine, e focalizzarsi unicamente sulla sua nuova vita. Inutile dire che le storie di Zoe e April si intrecceranno in diverse occasioni, ma bisogna puntualizzare che la vera protagonista di "Dreamfall" è Zoe, e controlleremo April solo saltuariamente.
L'ultimo personaggio giocabile è una new entry, un 'apostolo' di nome Kian Alvane, ultima risorsa degli Azadi per portare il loro credo religioso fra gli 'infedeli', usando la spada e la maniere forti. Sembra infatti che gli Azadi siano devoti ad una misteriosa Dea e facciano capo alle Sei, un organo esecutivo che controlla le loro manovre. Oltre a ciò, per misteriosi ragioni, gli Azadi ripudiano la magia e confinano in ghetti i maghi di Arcadia, riempiendo gli angoli delle strade di alcune macchine mai viste che usano l'avveniristica (dalle loro parti) tecnologia a vapore.



April e Corvo di nuovo insieme.

Quello fin'ora espresso è solo un abbozzo (!) dell'incredibile background di "Dreamfall", che prende il già complesso 'sfondo' di "The Longest Journey" e lo amplia notevolmente, creando due mondi (e un terzo, oscuro e onirico, fra Arcadia e Stark, chiamato L'Inverno) incredibilmente coerenti e caratterizzati. L'atmosfera fantasy è eccezionale e degna del fantastico più ispirato, ma sono rimasto piacevolmente colpito soprattutto da Stark, il mondo futuristico sci-fi estremamente credibile, dove un telefonino cellulare diventa estensione dell'arto di chiunque, i peluche/agenda parlanti sono programmati per amare il proprio 'padrone', gli spot pubblicitari sono ossessivi e ripetuti di continuo, imponendo ciò che sia di moda e cosa invece no, e una Rete onnipresente controlla tutto e tutti. Buoni passi avanti sono stati fatti dalla Stark del primo episodio, ed ora somiglia davvero tanto al futuro che sarà.

Riguardo la trama vera e propria (lunga circa dieci-quindici ore di gioco), anticipo che Zoe si troverà a dover scoprire cosa è accaduto al suo ex fidanzato Reza, un reporter misteriosamente scomparso mentre scriveva un articolo 'scottante'. La ricerca condurrà Zoe ad essere un disturbo per gli organi governativi di Stark, che partiranno alla caccia della ragazza, divenuta 'pericolosa' a causa di qualcosa che riguarda i suoi sogni e che la rende in qualche modo 'speciale'. Intanto, delle 'scariche' mettono in subbuglio la Rete, e nessuno sa da cosa possano dipendere.

Purtroppo è impossibile addentrarsi oltre senza andare incontro a spoiler, ma posso garantire che l'intera narrazione è di una complessità che raramente ho riscontrato in un videogioco, e non risparmia neanche argomenti scottanti come la tematica della passione, della religione, del terrorismo, della giustizia, della fede… il tutto senza scadere (quasi) mai nella banalità. E' anche vero che un vero e proprio 'punto di cottura' non ci sia, e nonostante la puntuale maturità di Tornquist sono pochi i momenti veramente emozionanti in cui ci sentiremo vicini ai protagonisti, ma è una (parziale) carenza che si perdona dall'incredibile tela di intrighi che non mancheranno di appassionare per tutta la sua durata.
Proprio sul finale, sono presenti cliffhanger multipli che lasceranno dei puntini sospensivi belli grossi alle storie singole e alla trama principale, così come accaduto di recente in "Matrix Reloaded": la storia giunge quindi solo a metà, e la mole impressionante di domande sorte dovrà trovare risposta nell'ultimo capitolo della trilogia (se si realizzerà). Si spera, ovviamente, che le risposte attese non siano deludenti come nella saga fantascientifica che ho appena citato, ma che trovino una degna e appagante risoluzione. Da parte mia, posso dire che mi sembra quasi impossibile che tutte le trame vengano risolte in un solo altro episodio: sono semplicemente troppi gli interrogativi e le questioni lasciate in sospeso e risolverle tutte in modo soddisfacente è un compito a dir poco arduo. "Dreamfall", comunque, avvince fino al termine e il suo finale aperto non fa che aggiungere fascino al tutto e senz'altro verrà voglia di ripetere l'esperienza con una 'seconda passata'.

"Dreamfall" è profondo, intenso, molto serioso ed elaborato. Gli unici momenti di leggerezza sono rappresentati dal gradito ritorno di due vecchi personaggi, il mago Roper Klacks (imprigionato in un calcolatore da April durante la precedente avventura) e il simpatico Corvo (destinato, pare, all'amato/odiato destino di 'spalla dell'eroe'). Oltre a loro, compariranno altri personaggi di "The Longest Journey", ma nessuno di essi è superfluo (a volte si tratterà di camei o poco più) e la loro presenza è ampiamente giustificata dalla complessa trama.



Qualche volta, le scenografie regalano scorci apprezzabili.

Alla domanda: “E' migliore dell'originale?” mi sento di rispondere affermativamente, almeno per quanto riguarda il lato narrativo: il nuovo lavoro di Tornquist raggiunge una vastità e un'atmosfera eroica che il capostipite sfiorava solamente. Soffre anch'esso di alcune lacune del predecessore, come se la storia crescesse di continuo ma non esplodesse mai, ma la scrittura è impeccabile e gli intrecci ben più affascinanti e complessi di "The Longest Journey". Inoltre, nonostante l'interattività sia sostanzialmente più limitata rispetto al predecessore, "Dreamfall" non raggiunge mai, a mio avviso, le vette di noia dell'altro titolo, con i suoi dialoghi troppo lunghi e statici. Risulta invece più curato anche sotto questo aspetto e, nonostante la lunghezza delle sezioni non interattive, non l'ho mai trovato realmente 'pesante'.
Per quanto riguarda il gioco vero e proprio, bisogna mettersi l'anima in pace: "Dreamfall" è, fondamentalmente, un'esperienza narrativa pseudo-interattiva e, come il precedente, non ha fra i suoi punti di forza una giocabilità impeccabile o degli enigmi particolarmente stimolanti. Anzi, come già detto, questa volta è addirittura a carte scoperte il tentativo di Tornquist di rendere il prodotto un vero e proprio film interattivo. Ciò non è un fattore né positivo, né negativo: si tratta solo di una scelta che può incontrare più o meno il favore del pubblico.
Da parte mia, ho decisamente apprezzato l'esperienza epica di "Dreamfall", e il terzo episodio è da oggi in cima alla mia personale classifica dei titoli più attesi. Nonostante questo, non riesco ad essere del tutto preciso con il voto, poiché giustamente lo considero solo una parte della storia e, se l'ultimo capitolo dovesse rivelarsi insoddisfacente, ne risentirebbe anche questa seconda 'parte'. Per ciò che per ora è dato di valutare, assegno un 4 su 5 compiaciuto, in bramosa attesa della prossima avventura.
Ah, e consiglio di restar seduti fino alla fine dei titoli di coda…

 

Nota: il gioco non è leggerissimo dal punto di vista dei requisiti medi, e con le schede Geforce potrebbe creare dei problemi. Nessuno sulle ATI, invece. Consiglio comunque di aggiornare "Dreamfall" alla versione 1.1 (è disponibile una patch di circa 100 mega): con questa modifica si risolveranno diversi difetti di compatibilità con le schede grafiche Nvidia e altre magagne secondarie (traduzione, bug, etc). Purtroppo la patch obbliga anche ad un aggiornamento della protezione, che viene modificata nella temutissima e non esente da problemi Starforce 3.

by Gnupick






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